IL VESUVIO

 

 

 

 


 

 

 

 

COME ARRIVARCI

IL VULCANO

ERUZIONI

IL PARCO NAZIONALE

L'OSSERVATORIO VESUVIANO

 

 

 

 

 

 

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COME ARRIVARCI

 

 

Prendere l'autostrada NAPOLI/SALERNO , uscire a "Ercolano" e seguire l'indicazione "Vesuvio". Vi consiglio di non fare campeggio e di non dormire nel vostro camper alle pendici del Vesuvio, sono luoghi molto isolati la notte. Una volta raggiunta quota 1000 con l'auto, l'autobus o il taxi, dal parcheggio bisogna continuare a piedi servendosi di un ripido sentiero che in 20 minuti circa porta sul bordo del cratere. L'accesso al cratere è a pagamento ed è permesso solo con l'accompagnamento delle guide che si trovano sul posto. Si consiglia un abbigliamento adatto a percorrere un sentiero di montagna che supera i 1000 metri di quota. Quasi giunti al cratere, bisognerà pagare l'entrata e seguire la guida che vi accompagnerà al cratere.

 

 

IL VULCANO

 

 

Vista aerea del VesuvioIl Vesuvio è il vulcano più famoso della terra, l’unico attivo dell’Europa continentale ed è anche uno dei più pericolosi poiché il vasto territorio che si estende alle sue pendici ha visto la costruzione di case fino a 700 metri di altura. E’ un tipico esempio di vulcano a recinto costituito da un cono esterno tronco, Monte Somma (1133 metri), con cinta craterica in gran parte demolita entro la quale si trova un cono più piccolo rappresentato dal Vesuvio (1281 metri), separati da un avvallamento denominato Valle del Gigante, parte dell'antica caldera, dove in seguito, presumibilmente durante l'eruzione del 79 d.C., si formò il Gran Cono o Vesuvio. La Valle del Gigante è suddivisa a sua volta in Atrio del Cavallo ad ovest e Valle dell'Inferno ad est. Il recinto del Somma è ben conservato per tutta la sua parte settentrionale, infatti è stato nei tempi storici meno esposto alla furia devastatrice del vulcano, perché riparato dall'altezza della parete interna che ha impedito il deflusso di lave sulle sue pendici. I pendii, variamente degradanti, sono solcati da profondi valloni radiali prodotti dall'erosione delle acque meteoriche. Le sue pareti dalla Monte Sommaparte del cono si presentano a picco. Tutta la sezione è poi disseminata di spuntoni e dicchi di roccia vulcanica scura. Il vecchio orlo craterico è un susseguirsi di cime dette cognoli. Mentre l'altezza del Somma ed il suo profilo si sono conservati uguali nei secoli, l'altezza ed il profilo del Vesuvio hanno subito variazioni notevoli, a causa delle successive eruzioni, con innalzamenti ed abbassamenti. Il Vesuvio è un caratteristico vulcano poligenico e misto, ossia costituito da lave di composizione chimica diversa (ad esempio trachiti, tefriti, leucititi) e formato sia da colate di lava sia da depositi piroclastici. Tutte le zone alle pendici della montagna sono da considerarsi formate da terreni trasportati da lave di fango che scendono dagli scoscesi pendii nelle stagioni piovose attraverso profondi e stretti valloni detti alvei o più comunemente lagni. Gli alti argini sono formati da cumuli di scorie laviche, che precipitati allo stato incandescente e dilagati verso le basse pendici, si rivelano ora a causa del loro materiale fertile, ricco di silicio e potassio, preziosi per la vegetazione. Nelle giornate più fredde la condensazione dei vapori rende visibili le fumarole presenti in numerosi punti della parete interna del cratere. Proseguendo lungo il bordo del cratere, guardando verso il mare si coglie l'intera estensione della parte meridionale del vulcano e, in giornate con buona visibilità, tutto il Golfo di Napoli dalla Penisola Sorrentina e Capri fino a Capo Miseno, Procida e Ischia. E' inevitabile notare anche la sconsiderata espansione urbanistica che risale lungo le pendici del vulcano.

 

ERUZIONI


L'attività tra il 79 d.C. e il 1631

Una affresco degli Scavi di Pompei, raffigurante il Vesuvio, probabilmente prima del 79 d.C.Il Vesuvio entra nella storia della vulcanologia con l'eruzione del 79 d.C. Essa inizia con la formazione di un'alta colonna di gas, cenere e lapilli, così descritta da Plinio, che da Miseno (20 km dal vulcano), la può osservare in tutto il suo sviluppo: "La nube (...) a forma di pino, si sollevava alta nel cielo e si dilatava come emettendo rami". Intere città, tra le quali Pompei ed Ercolano, vengono distrutte. I prodotti eruttati dal Vesuvio ricoprono i campi, riempiono le vie, le case e i templi delle città. Dopo l'eruzione del 79 sul Vesuvio cade un lungo silenzio e la prima notizia di una sua persistente attività ("emette molta cenere che giunge fino al mare") è riportata nel 172 da Galeno, un medico greco che descrive le proprietà dell'aria secca del luogo creata da fuochi sotterranei. Dione Cassio riferisce di una violenta eruzione nel 203, i cui boati vengono uditi fino a Capua, a 40 km dal Vesuvio. Notizie di altre due grosse eruzioni avvenute nel 472 e 512 sono riportate da Marcellino Comite, cancelliere dell'Imperatore Giustiniano. Questi riferisce che il 6 novembre 472 "il Vesuvio, torrido monte della Campania che brucia di fuochi interni, ha vomitato le viscere bruciate; durante il giorno portò le tenebre con una polvere minuta sulla superficie di tutta l'Europa". L'eruzione del 512 è dettagliatamente descritta da Cassiodoro, un questore di re Teodorico, in una lettera redatta per chiedere l'esenzione dalle tasse per le popolazioni danneggiate dall'eruzione. Egli riferisce che "vola (...) una cenere bruciata che, dopo aver formato delle nuvole pulvirolente, piove con gocce di polvere anche sulle province d'oltremare (...). E' possibile vedere fiumi di cenere scorrere come liquidi fluenti che trascinano sabbie calde (...) e il dorso dei campi si gonfiano all'improvviso fino a raggiungere le cime degli alberi". Un'eruzione esplosiva, avvenuta tra il 680 e il 685, è riportata da Paolo Diacono nella Historia Longobardorum e altre sono segnalate nel 787 e 968. Leone Marsicano, nelle cronache dell'Abbazia di Montecassino, parlando dell'eruzione del 968, riferisce di "un incendio grandissimo ed insolito che giunse fino al mare". In questa eruzione vi è forse la prima testimonianza di una colata di lava, definita come "resina sulfurea che con impeto ininterrotto precipitava verso il mare". Numerosi autori parlano di eruzioni nel 991, 993 e 999, ma essendo quegli anni pervasi dalla convinzione di una imminente fine del mondo, ogni riferimento a catastrofi deve essere letta con un certo margine di sospetto. Nelle cronache dell'Abbazia di Montecassino è segnalata un'altra eruzione durata sei giorni dal 27 Il Vesuvio nel 79 d.C.gennaio 1037 e un evento esplosivo tra il 1068 e 1078. L'ultima eruzione, prima di un lungo periodo di quiescenza, avviene agli inizi del giugno 1139 ed è riportata sia dalle cronache di Montecassino che da quelle dell'Abbazia di Cava dei Tirreni, nonché dal segretario di Papa Innocenzo II, Falcone Benevantano, il quale scrisse che il Vesuvio "gettò per ben otto giorni potentissimo fuoco e fiamme vive". Non si conoscono testimonianze attendibili sull'attività del Vesuvio dopo il 1139. Intorno al 1360, Boccaccio scrive che dal Vesuvio "ora non escono ne' fiamme ne' fumo". In un imprecisato anno del 1500, Ambrogio Leone da Nola riferisce di un'eruzione durata tre giorni, alla quale fece seguito la formazione di fumarole gassose. Un soldato spagnolo, salito al Vesuvio nel 1501 insieme alla Regina Isabella, descrisse il cratere come "un foro da 25 a 30 palmi di diametro e da cui esce continuamente del fumo" che, secondo alcuni "diventa la notte una fiamma vivissima". Nel 1575, Stephanus Pighius, un ecclesiastico belga in viaggio in Italia, descrive il Vesuvio "rivestito da splendidi vigneti, e così anche i colli e i campi vicini". In mezzo alla sua cima si apre una voragine, ma il vulcano "è freddo, ne' sembra emettere alcun calore o fumo". Dal 1500 1631 è dunque certo che il Vesuvio sia rimasto inattivo o quasi. La montagna si era ricoperta di coltivazioni e i paesi distrutti avevano ripreso a vivere, dimenticando rapidamente le eruzioni passate. Grossi alberi crescevano fino al Gran Cono, il cono all'interno della caldera del Somma, e tutto l'apparato era chiamato la montagna di Somma, dal nome della città che sorge ai piedi del Vesuvio.

L'attività tra il 1631 e il 1944

L'eruzione del 1631Nella notte tra il 15 e il 16 dicembre 1631, tra fortissimi boati e terremoti, il Vesuvio torna in attività con una disastrosa eruzione che semina panico e distruzione. Già da alcuni mesi tutta la zona era afflitta da frequenti terremoti, che si erano intesificati pochi giorni prima dell'eruzione. Gianbattista Manso, un letterato dell'epoca descrive la nube eruttiva che si alza in parte verso il cielo (colonna pliniana) e in parte si dilata sulle falde del monte come un torrente (surge e flussi piroclastici). La fase più violenta durò tre giorni e tutta l'eruzione si esaurì in cinque giorni, lasciando uno strascico di colate di fango e frane di materiali vulcanici accumulati sui pendii. Deboli emissioni di ceneri e terremoti proseguirono per mesi. Dopo questa eruzione il Vesuvio ha cambiato forma: la cima, prima più alta di quella del Somma, appare decapitata e il cratere, secondo Bouchard, uno studioso francese salito fino al bordo della voragine, ha un diametro di circa due miglia (tre km e mezzo), rispetto al miglio precedente. Verso Torre del Greco si erano aperte sei nuove bocche eruttive. Con l'eruzione del 1631 il Vesuvio entra in una fase di attività persistente che perdura, salvo brevi periodi, fino al 1944. Violenti episodi sono segnalati nel 1794, nel 1822, 1834, 1850 e 1872. Dopo il 1872 lente effusioni di lava che durano per molti anni formano dei rilievi (duomi di lava) inprossimità del cratere. Uno di questi duomi, formatosi fra il 1895 ed il 1899 nella zona fra l'Osservatorio e il Cono, costituisce l'attuale Colle Umberto. Nel 1872, dopo l'eruzione, il cono del Vesuvio raggiunge la sua massima altezza con 1335 m s.l.m. Nel maggio del 1905 inizia una nuova eruzione, dapprima con lenti efflussi di lava e, dal gennaio 1906, con un'attività esplosiva intermittente (attività stromboliana). Il 7 aprile 1906 l'eruzione entra nel vivo con alte fontane di lava e forti terremoti, e culmina con la formazione di una colonna pliniana che raggiunge un'altezza di 13.000 metri. L'eruzione termina verso la fine di aprile. Dopo l'eruzione del 1906, la cima del Vesuvio appare troncata e presenta un'ampia voragine di circa 500 metri di diametro e 250 di profondità. L'orlo craterico è ribassato fino a 1.145 metri nel punto minimo, cioé 180 metri meno di prima. Le pareti interne del cratere presentano una inclinazione di 40-45° fino a circa 80 metri sotto l'orlo e poi, verso il fondo, diventano quasi verticali. L'eruzione del 1906Negli anni successivi, l'interno del cratere è interessato da continui franamenti di materiale incoerente che forma le pareti quasi verticali della voragine. Il 10 maggio 1913 il fondo del cratere sprofonda di circa 75 metri per un'area del diametro di 150 metri. A partire dal 5 luglio 1913 tale sprofondamento si riempie di lava. Piccole esplosioni provocano lanci di scorie che si accumulano formando un conetto. Fra il 1915 ed il 1920 il fondo del cratere si solleva di circa 100 metri. Il 28 novembre del 1926 avviene il primo trabocco di lava all'esterno del cratere e tre anni dopo, nel giugno del 1929, si registra una violenta eruzione. Dopo questa eruzione, il Vesuvio alterna stasi e attività, per lo più concentrata all'interno del cono, per parecchi anni. Il 12 agosto 1943 la lava riprende a sgorgare all'interno del cratere da una bocca posta al piede del conetto. L'apertura di questa bocca causa il crollo del conetto che, a sua volta, determina un aumento delle esplosioni. Il 6 gennaio 1944 aumenta il flusso di lava. Da una frattura apertasi sul fianco del conetto, scaturisce una colata che, dopo aver invaso in meno di un'ora il settore ovest del cratere, si riversa all'esterno spingendosi per oltre 100 metri a valle. La lava continua a fluire all'esterno del cratere sino al 26 gennaio e all'interno dello stesso fino al 23 febbraio, giorno in cui l'attività effusiva cessa del tutto. Nelle prime ore del 13 marzo 1944 crollano le pareti del conetto e cessa ogni tipo di attività fino al pomeriggio del 14 marzo, quando riprendono nuovi deboli lanci di scorie, la cui frequenza e copiosità va lievemente aumentando nei tre giorni successivi. Nella notte tra 17 e 18 marzo, con un poderoso crollo del conetto, cessa nuovamente ogni attività.

Tabella principali eruzioni

Inizio dell'eruzione Tipo di eruzione Note
79 esplosiva Ceneri, pomici e lahar
472 effusiva-esplosiva Flussi di lava e lahar verso NW
512 ??? -----
26 febbraio 685 effusiva Imponenti colate di lava
787 effusiva-esplosiva Colonne stromboliane, lahar, ed imponenti colate di lava
968 ??? Colate laviche verso il mare
27 gennaio 1037 ??? Colate laviche verso il mare
29 maggio 1139 esplosiva Caduta di cenere
1500 esplosiva Caduta di cenere
16 dicembre 1631 effusiva-esplosiva Collassamento del Gran Cono; colate fino al mare
3 luglio 1660 esplosiva Caduta di cenere verso NE
13 aprile 1694 effusiva Lava verso Torre del Greco
25 maggio 1698 effusiva-esplosiva Danni per caduta di cenere verso SE
28 luglio 1707 effusiva-esplosiva -----
20 maggio 1737 effusiva-esplosiva Un flusso di lava invade T. del Greco; caduta di cenere e lahar
23 dicembre 1760 effusiva-esplosiva Apertura di bocche laterali sul fianco S (150 m slm)
19 ottobre 1767 effusiva-esplosiva Due flussi di lava verso T.Annunziata. e S. Giorgio a Cremano
8 agosto 1779 esplosiva cenere e proietti su Ottaviano
15 giugno 1794 effusiva-esplosiva Apertura di bocche a SO (470 m slm)
22 ottobre 1822 effusiva-esplosiva Due flussi di lava verso T. del Greco e Boscotrecase
23 agosto 1834 effusiva-esplosiva Un flusso di lava verso Poggiomarino
6 febbraio 1850 effusiva-esplosiva -----
1 maggio 1855  effusiva Un flusso di vala invade Massa e S.Sebastiano
8 dicembre 1861 effusiva-esplosiva Apertura di bocche laterali a SO (290 m slm)
15 novembre 1868 effusiva -----
24 aprile 1872 effusiva-esplosiva Un flusso di lava invade Massa e S. Sebastiano
4 aprile 1906 effusiva-esplosiva Un flusso di lava verso T.Annunziata, forte attività esplosiva
3 giugno 1929 effusiva-esplosiva Un flusso di lava verso Terzigno
18 marzo 1944 effusiva-esplosiva Un flusso di lava invade Massa e S.Sebastiano

 

 

IL PARCO NAZIONALE


Parco Nazionale del Vesuvio

Mappa del ParcoIl Parco Nazionale del Vesuvio nasce ufficialmente il 5 giugno 1995. Viene istituito al fine di conservare le specie animali e vegetali, le associazioni vegetali e forestali, le singolarità geologiche, le formazioni paleontologiche, le comunità biologiche, i biotopi, i valori scenici e panoramici, i processi naturali, gli equilibri idraulici e idrogeologici, gli equilibri ecologici. Le finalità vanno anche all'applicazione di metodi di gestione o di restauro ambientale idonei a realizzare una integrazione tra uomo e ambiente naturale, anche mediante la salvaguardia dei valori antropologici, archeologici, storici e architettonici e delle attività agro-silvo-pastorali e tradizionali; alla promozione di attività di educazione, di formazione e di ricerca scientifica, anche interdisciplinare, nonché di attività ricreative compatibili; alla difesa e ricostituzione degli equilibri idraulici e idrogeologici. Nel caso del Parco Nazionale del Vesuvio i compiti e le valenze si fanno decisamente più ampie tenendo in conto il fatto che si tratta di dover difendere e valorizzare il vulcano più famoso del mondo, ma, nel contempo, anche uno dei cinque vulcani più pericolosi al mondo per la fortissima conurbazione urbana che negli anni si è andata formando intorno ad esso, irrispettosa delle leggi che proibivano la realizzazione degli edifici. Il Parco Nazionale del Vesuvio rappresenta quindi un'anomalia nel panorama dei Parchi naturali europei, una sorta di scommessa dell'ambientalismo mondiale tesa a recuperare la selvaticità e il fascino del Vesuvio e del Monte Somma, strappandoli all'incredibile degrado cui erano pervenuti e restituendoli al godimento delle attuali e future generazioni, a cui, in ultima analisi, appartengono.


Ambiente

Vegetazione vesuvianaI territori vesuviano e sommano si differenziano per alcuni aspetti ambientali e si accomunano per altri, in particolare per la forte antropizzazione che caratterizza i versanti più bassi di entrambi i rilievi. Per quanto attiene le differenze, va detto che il primo si presenta più arido e assolato, con una tipica vegetazione spontanea di tipo mediterraneo, pinete artificiali e boschi di leccio, con questi ultimi che stanno lentamente recuperando rispetto ai pini e che pertanto stanno riformando la splendida foresta mediterranea; il secondo è più umido con una vegetazione boschiva che ricorda quella di tipo appenninico, con boschi misti di castagno, querce ontano, aceri e lecci; tra questi si incontra, anche se raramente, la splendida betulla, presenza davvero inconsueta in un ambito mediterraneo.La colonizzazione dei suoli lavici, ha inizio poco dopo il raffreddamento ed è dovuta al lichene Stereocaulon vesuvianum, che ha forma di corallo, colore grigio ed è il primo essere vivente a insediarsi sulla lava raffreddata preparando il suolo per l'attecchimento delle piante. Ricopre interamente le lave vesuviane e le colora di grigio, facendo assumere ( alla lava riflessi argentati nelle notti di luna piena. L'elenco floristico comprende ben 906 specie diverse. Tra queste sono da evidenziare presenze di grande interesse, quali ad esempio, l'Acero napoletano, l'Ontano napoletano, ed Helicrhysum litoreum, particolarmente frequente sul Vesuvio. Da segnalare anche l'alto numero di specie di orchidee, ben 23, e la ginestra, presente anch'essa in diverse specie: Genista tinctoria, Genista aetnensis, quest'ultima importata dall'Etna nel 1906 e oggi ampiamente distribuita su tutto il territorio vesuviano.


La fauna

La lepreLa fauna del Parco è particolarmente ricca e interessante. Tra i mammiferi spiccano la presenza del Topo quercino, fattosi raro in altre parti d'Italia, del Moscardino, della Faina, della Volpe, del Coniglio selvatico e della Lepre. Più di cento le specie di uccelli tra residenti, migratrici, svernanti e nidificanti estive. Da segnalare le nidificazioni di Poiana, Gheppio, Sparviere, Pellegrino, Upupa, Tortora Colombaccio, Picchio rosso maggiore, Codirossone, Passero solitario, Codibugnolo, Picchio muratore, Corvo imperiale, Cincia mora. In inverno frequentano il Parco tra gli altri la Beccaccia, il Codirosso spazzacamino, il Torcicollo, il Tordo bottaccio, il Lucherino. Nel periodo delle migrazioni transitano Beccafichi, Sterpazzoline, Balie nere, Codirossi Monachelle, Luì verdi, Rigogoli, Gruccioni, Succiacapre e tantissime altre specie, molte delle quali provenienti dai quartieri sud-sahariani di svernamento. Tra i rettili sono da citare il colorato Ramarro, l'innocuo serpente Biacco e l'Emidattilo verrucoso. Interessante la presenza, tra gli anfibi, del Rospo smeraldino. Tra gli invertebrati vanno citate le coloratissime farfalle diurne e notturne che frequentano in gran numero le fioriture della flora mediterranea vesuviana.


Agricoltura e Artigianato

Le albicoccheL'agricoltura vesuviana, grazie al suolo lavico ricco di minerali, all'ottimo drenaggio e al clima mediterraneo, è da considerarsi unica per varietà di produzioni e per originalità di sapori. Per la frutta costituiscono prodotti tipici le albicocche e le ciliege. Tra le circa cento specie di albicocche esistenti le più conosciute sono la Pellecchiella, che è considerata la migliore per il suo gusto particolarmente dolce e per la compattezza della polpa, la Boccuccia liscia di sapore agro dolce e la Boccuccia spinosa, così detta per la buccia meno liscia, la Cafona, la Carpone con sapore zuccherino. Tra gli altri cultivar, tutti molto gustosi, sono da ricordare: Baracca, Vitillo, Monaco bello, Prete, Palummella. Le ciliege, meno numerose, sono coltivate per lo più alle falde del Monte Somma. Tra le più famose ricordiamo la Ciliegia Malizia, con polpa rossa e consistente dal gusto succoso e aromatico e la Ciliegia del Monte che è considerata la migliore da tavola: ha colore giallo e rosso e la polpa è chiara succosa e profumata. Altro prodotto tipico sono i famosi Pomodorini da serbo. Sono di piccole dimensioni, tondeggianti, con una caratteristica punta alla base e hanno un sapore dolce-acidulo dovuto alla particolare concentrazione di zuccheri e sali minerali.Vengono raccolti acerbi in estate e conservati legati ad uno spago attorcigliato a cerchio. Riposti in luoghi asciutti e lontano dai raggi del sole, maturano lentamente, conservando la polpa gustosa e succulenta, protetta dalla buccia che appassisce. I grappoli di pomodorini così raccolti sono detti piennoli. Vengono usati sulla pasta, sulla pizza e fanno ottimi sughi per il pesce e la carne. Il complesso vulcanico del Somma-Vesuvio è inoltre famoso (e lo è fin dal tempo degli antichi romani!) per la bontà dei suoi vini. Alle falde del vulcano sono coltivate l'uva Falanghina del Vesuvio, la Coda di Volpe (chiamata localmente Caprettone) e il Piedirosso del Vesuvio, dalle quali si ricava il famoso Lacryma Christi, un vino dall'odore gradevolmente vinoso e dal sapore secco e aromatico. Si vinifica nelle varietà di rosso, rosato e bianco e diventa DOC quando raggiungeI pomodorii 12 gradi alcolici. Un cenno particolare va fatto all'uva Catalanesca ottima uva da tavola per la sua polpa carnosa e zuccherina, che si coltiva in piccole quantità per lo più alle falde del Monte Somma. A livello familiare se ne ricava un vino singolare dal colore opaco e retrogusto forte. Tra gli ortaggi sono da segnalare, oltre ai finocchi e alle fave, i cosiddetti friarielli, broccoli dal gusto forte e amarognolo che nella cucina napoletana condiscono pasta, carne e pizza. Per la frutta secca sono eccellenti le noci e le noccioline. Da assaggiare tutti i latticini e in particolare, oltre alla classica mozzarella, il fior di latte e la provola. Diffusa anche la produzione del miele. L'artigianato vesuviano ha radici antiche. Porta con sé le tracce di una attività gloriosa, al limite dell'arte, e che talvolta si è addirittura confusa con essa dando notevole impulso ad un vero e proprio artigianato artistico. Riconosciuto e apprezzato per la qualità della lavorazione e l'uso di materiali fortemente compromessi dalla presenza di un vicino così tanto dirompente, l'artigianato vesuviano è frutto di tenace lavoro: coralli e cammei, pietra lavica, rame e metalli vari sono montati o incisi, scolpiti, forgiati da abili mani guidate da una sincera passione. Grazie anche al recupero e l'utilizzo funzionale dei luoghi storici (Ville Vesuviane) la produzione artigiana sta oggi superando l'antica diffidenza per l'associazionismo vincolandosi e promuovendo i suoi prodotti ai più alti livelli internazionali.

 

 

L'OSSERVATORIO VESUVIANO

 


L'Osservatorio Vesuviano prima del 1930Istituito nel 1845 per volere di Ferdinando II di Borbone, l'Osservatorio è stata la prima struttura al mondo utilizzata per l'osservazione e lo studio del vulcanesimo. La sua sede originaria, un elegante edificio di gusto neoclassico progettato dall'architetto G. Fazzini, è ubicata sul Vesuvio, sul Colle del Salvatore, tra Ercolano e Torre del Greco, a 608 metri di quota. Il luogo scelto si mostrava particolarmente adatto, in quanto sufficientemente distante dal cratere da non essere raggiunto dai lapilli e dai proietti di grosse dimensioni, e abbastanza elevato sull'originario piano di campagna, tanto da non essere interessato dalle colate di lava che furono eruttate dopo la sua costruzione. Nel 1863 fu installato il primo sismografo del mondo. Nel 1911 Giuseppe Mercalli, nominato direttore, diede grande impulso agli studi sui terremoti; sua la scala di misurazione della loro intensità, ancora oggi in uso. L’Osservatorio Vesuviano approfondisce sia la ricerca vulcanologica sia la sorveglianza geofisica e geodinamica del territorio. La ricerca vulcanologica fa ipotesi sul comportamento futuro del vulcano basandosi sulla sua storia eruttiva; la sorveglianza geofisica e geodinamica rileva le variazioni e i cambiamenti provocati dagli spostamenti delle masse magmatiche verso la superficie. I risultati delle simulazioni hanno rilevato un’area a rischio di circa 700 km², suddivisi in zona rossa (20 km² - si prevede distruzione quasi totale, con colate piroclastiche, di fango, blocchi, bombe e lapilli) e zona gialla (500 km² - caduta di cenere, lapilli e carichi di 200 kg per ml. Complesse reti di rilevazione controllano non solo il Vesuvio, ma l’intera zona vulcanica partenopea che comprende anche i Campi Flegrei e l’isola di lschia. Negli anni ‘80 nella zona dei Campi Flegrei, ed in particolare a Pozzuoli, ci sono stati L'Osservatorio vesuviano attualmentenumerosi bradisismi che hanno provocato il sollevamento del suolo di 1,8 rn e l’evacuazione di circa 30.000 persone. Oggi tutto sembra essere tornato alla tranquillità: le uniche attività evidenti sono piccole fumarole dentro e fuori dal cratere del Vesuvio, nella zona dei Campi Flegrei e nell'isola di Ischia. L'edificio non è normalmente aperto al pubblico. E' tuttavia possibile visitarlo, soprattutto da parte di scolaresche e gruppi organizzati, previa autorizzazione. Attualmente i due edifici dell'Osservatorio, il vecchio costruito nel 1841 e il nuovo costruito nel 1971, sono sede di un museo di vulcanologia e della biblioteca storica dell'Osservatorio. Nel museo sono raccolti strumenti scientifici storici e recenti per lo studio dei vulcani e le mappe vulcanologiche dei vulcani italiani. L'edificio più antico sorge dove si trovava l'Eremo, punto di appoggio per gli escursionisti del secolo scorso prima della faticosa salita al cratere ed è sopravvissuto indenne a numerose eruzioni: quella del 1850,1855, 1861, 1868, 1872, 1906, 1929 e 1944.

 

 

 

 

Se volete conoscere meglio il Vesuvio, vi consigliamo di rivolgervi all'agenzia Vesuvio Incoming che vi proporrà visite particolari e originali con guide molto preparate.