Introduzione dell’autore

  

 Il motivo per cui ho scritto un libro e soprattutto in napoletano, come si direbbe nelle vecchie favole che tanto piacciono ai bambini, si perde nella notte dei tempi.

La storia ha inizio quando qualche decennio fa frequentavo l’Istituto Tecnico per Geometri di San Felice. L’italiano di certo non era il mio forte ed il compito scritto era un vero e proprio trauma che si ripresentava con cadenza mensile. Tuttavia i voti bassi che caratterizzavano il mio rendimento in questa materia non destavano tanto il mio disappunto quanto i commenti sempre salaci del Professore Nuzzo che con puntualità ripeteva: “Crisci… Crisci… tu scrivi come parli”.

Questa sorta di patologia da scrittura mi seguì per molto tempo finché compresi anche grazie ai rimbrotti del professore che forse la mia lingua madre non era l’italiano ma il napoletano. In verità poi mi sono accorto che in fatto di difficoltà non è che con il napoletano ci abbia guadagnato di molto. Per chi vuole studiarlo seriamente risulta essere una lingua ostica ma con un notevole vantaggio di partenza.

Considerando infatti il numero così esiguo delle persone che si cimentano nello studio di questa lingua ho sempre pensato che come dilettante posso permettermi anche di fare qualche errore.

Comunque l’inizio vero e proprio di questa mia passione è stato una sera di molti anni fa quando per scherzo e dunque solo per divertirmi cominciai ad inventare delle frasi, che non dovevano avere alcun senso, ma che destarono l’attenzione di chi mi ascoltava. 

Mi chiesero chi era l’autore. Rimasi di stucco pensando che volessero prendersi gioco di me. Ma quando fui invitato a continuare compresi che la cosa destava attenzione e quindi mi precipitai a mettere nero su bianco queste mie prime frasi che così recitavano:

 

Sotto  na  chianta grossa

e  chiene  ‘e  fronne

I  arrepusavo  int’ ‘a  st’ angulo e paraviso

ncopp’ ‘a  nu  lietto  e  evera

luntano  de  rummore  da  città

ecc. ecc.

 

Così il giorno dopo iniziai questa mia personale avventura comprando il primo vocabolario e la prima grammatica napoletana e mi cimentai in poesie d’amore, massime, battute, sfottò a proverbi celebri che corrispondevano allo stato d’animo del momento.

Una cosa però voglio sottolinearla. Le parole dolci come quelle più sferzanti, le esortazioni così come le invettive contro i ricchi, i potenti, le mogli, i figli, e quant’altri sono soggetti alle mie attenzioni vanno lette per quelle che sono, cioè pensieri pervasi da un assoluto senso di ironia inteso a far trascorrere al lettore qualche attimo di assoluta spensieratezza.

Ecco perché è un libro che regalo con piacere innanzitutto ad amici o parenti.

D’altronde non ho grandi pretese. Non credo nel modo più assoluto di essere un poeta ed in verità mi accontento che questo mio lavoro piaccia anche solo ad una piccola percentuale di lettori purché in essa assolutamente siano compresi i miei figli. In particolare spero che anche una sola parte di queste poesie o le risposte ai proverbi napoletani possano occupare uno spazio nel sito di Antonio (www.ndonio.it)

 

Ho messo per ultimo chi nel mio cuore occupa uno spazio enorme, la mia piccola grande stella Marzia che con la sua discesa sulla terra ha sensibilmente diminuito la luce del firmamento.

A te, Marzia, spetta di diritto la copia n.1 di questo libro.

Dimenticavo a caval donato non si guarda in bocca; che tradotto in italiano significa ‘o libbro n’avite pavato pirciò, cumpagni miei, cercate e nu murmulià.

 

Luigi  Crisci