La Sfinge
Sulla piana di Giza veglia un personaggio di pietra fra i più enigmatici. Impossibile non notarlo. È celebre in tutto il mondo. Questa Sfìnge, la più grande concepita dagli architetti egizi, è diventata la Sfìnge. Va detto che le sue dimensioni sono in proporzione al suo ruolo: proteggere la piana delle grandi piramidi, vegliare perché la luce del sole sorga ogni mattino. Lungo cinquantasette metri e alto venti, il colosso si trova a trecentocinquanta metri a sud-est della Grande Piramide, lungo la rampa che sale verso il tempio funerario di Chefren.
Sono tutti d'accordo nel riconoscere che la Sfìnge risale al regno di Chefren (intorno al 2620 a.C.) ma, confessiamolo a mezza voce, senza la minima prova.
Gli Arabi l'hanno sempre temuta. La chiamavano
«la madre del terrore». Sentivano che questa belva gigante dalla testa d'uomo
irradiava una forza pericolosa. Tentarono anche di distruggerla, usando
addirittura un cannone - che ne mutilò il naso -, ma la guardiana della
luce uscì vittoriosa da tutte queste prove.
LA SFINGE - IL
MISTERO
La Sfinge di Giza ha testa umana e corpo
leonino. Il perché della fusione dei due elementi, zoomorfo e umano, in una
scultura a tuttotondo di dimensioni colossali è ancora oscuro, e non esiste
neppure un documento sul suo significato religioso. Nel suo aspetto di leone
accucciato, la Sfinge doveva forse vegliare sul complesso funerario delle
piramidi; non sono mancate tuttavia altre interpretazioni riguardo alla sua
funzione, né dubbi sulla sua datazione. Fu davvero un monumento voluto da Chefren,
del quale tradizionalmente le vengono attribuiti i lineamenti del volto? E’
una interpretazione del dio Harmachis (Horus all’orizzonte), come decisero,
mille anni dopo la sua costruzione, gli ‘‘archeologi” di allora? Quando è
stata fatta la Sfinge? Testa e corpo sono della stessa epoca?
Basandosi sul deterioramento del corpo, alcuni studiosi hanno attribuito alla
Sfinge 8.000 anni in più di quelli ‘‘dichiarati”: l’erosione della
statua non sarebbe dipesa dal vento o dalle tempeste di sabbia, ma dall’acqua
piovana che avrebbe investito il millenario colosso durante il periodo
postglaciale, dal 10.500 a. C. Chefren allora
sarebbe solo il restauratore del monumento, al quale, con l’occasione, avrebbe
dato la sua faccia.