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IL TRIANGOLO DELLE BERMUDE
Per Triangolo delle Bermude si intende un'area molto vasta dell'atlantico che ha il suo vertice nelle isole Bermuda a sud e che si estende dalla punta meridionale della florida fino alla piccole Antille. Per questi confini, anche se molto imprecisi, la zona prende anche il nome di "Triangolo maledetto" a causa di un lungo elenco di incidenti inspiegabili che vi sono accaduti. I fatti sono molti ed iniziano da molto lontano, ma proseguono con un crescendo impressionante fino ai giorni nostri. Se per quanto riguarda le prime cronache possiamo imputare imprecisioni e distorsioni, altrettanto non possiamo dire per ultimi e più recenti incidenti che, secondo una stima approssimativa, hanno causato addirittura più di mille vittime solo negli anni che vanno dal 1945 al 1975, un numero che, occorre precisare, tiene conto anche degli aerei che a partire dalla seconda guerra mondiale erano precipitati in questa area con impressionante frequenza. Da tenere presente è anche il fatto che non si trattava di una zona ai confini del mondo ma anzi una zona che comprendeva una regione sub tropicale molto frequentata per la dolcezza del clima e la bellezza del paesaggio. Florida Bahamas, Caraibi sono infatti nomi favolosi che evocano spiagge dorate e piacevoli vacanze, che non hanno assolutamente nulla di tetro e desolante. Ma questo dato, in apparenza contrastante, sembra confermare in qualche modo che un fondo di verità deve esserci; inoltre, un altro particolare che rende diverse le disgrazie accadute in quest'area da quelle che avvengono in altre parti del mondo, è il fatto che di tutti gli incidenti non è rimasta traccia. Nessun relitto, nessun superstite. Aerei, navi persone, risultano ogni volta letteralmente sparite. Di loro si sapeva con esattezza il luogo di partenza e la destinazione prevista; si sapevano addirittura minuti particolari relativi al viaggio trasmessi per radio durante la navigazione. Poi più nulla. Interrotti i collegamenti più o meno bruscamente, iniziavano ricerche sistematiche nella presumibile zona dell'incidente, ma sempre senza risultato. Uomini e mezzi erano così scomparsi, volatilizzati nel nulla. Leggende e racconti paurosi sono sempre esistiti sin dall'antichità su tutti i mari sconosciuti, ma la maggior parte si sono sgretolate nel corso degli anni, mentre il mistero del triangolo delle Bermude resiste tuttora. Di seguito verranno ora riportati gli episodi più significativi.
IL TRIANGOLO DELLE BERMUDE - GLI EPISODI
Nel 1840 la Rosalie, una nave mercantile francese partita dall'Europa e diretta nei Caraibi venne ritrovata completamente deserta, mancavano infatti tutti gli uomini che si dovevano trovavano a bordo. Di vivo c'era solo un canarino nella sua gabbia. Ad aumentare il mistero c'era poi la circostanza che sulla Rosalie tutto appariva in perfetto ordine, sia sui ponti, sia sottocoperta, così come i locali dei passeggeri e tutto il carico nella stiva non erano stati manomessi.. A quel tempo gli atti di pirateria non erano certo infrequenti, ma sembrava strano che chi avesse assaltato la nave avesse rapito le persone senza impadronirsi della nave stessa e del carico. Anche le scialuppe erano al loro posto. Non si capiva perciò come la gente avesse potuto abbandonare lo scafo. Né il motivo per cui si sarebbe gettata in mare, come per un raptus collettivo. La Mary Celeste è forse il caso più conosciuto di una nave ritrovata deserta nell'oceano. Nel 1872 venne avvistata da un bastimento inglese che la abbordò mentre andava alla deriva e la prese come bottino, senza porsi molti interrogativi sulla stranezza di quell'incontro. Anche qui era tutto in ordine, non mancava nulla; viveri, acqua, effetti personali dell'equipaggio. Solo la cabina del capitano appariva chiusa da travi, come se questi avesse voluto barricarsi all'interno. Da dove fosse poi uscito era comunque difficile immaginare. La Mary Celeste portava un carico di alcool stivato in botti, e così si pensò alla possibilità di un incendio a bordo, poi subito rientrato per la caratteristica dell'alcool di estinguersi dopo una breve fiammata. Forse tutti si erano gettati in mare presi dal panico alla vista del fuoco e non erano poi più risusciti a raggiungere la nave che si era allontanata con le vele al vento. Ma sinceramente rimane una ipotesi poco convincente incapace di dare una spiegazione convincente della tragedia avvenuta. Sempre nella serie delle navi trovate abbandonate inspiegabilmente, c'è il racconto del 1881 del capitano della nave americana Ellen Austin. Viaggiando in pieno Atlantico del nord, in una regione che dovrebbe corrispondere al margine est del triangolo, la Ellen Austin incontrò un bastimento a due alberi chiaramente senza equipaggio. Anche questa volta era tutto in ordine, le vele erano ammainate ma perfettamente pronte per le manovre. Alcuni uomini della Ellen Austin vennero allora trasferiti a bordo per prenderne possesso e rimorchiarlo. Il viaggio in tandem era da poco iniziato quando le condizioni del mare peggiorarono, tanto che i cavi di rimorchio si ruppero e i due scafi si persero di vista. Solo alcuni giorni dopo l' Ellen Austin ritrovò il bastimento, che risultò però di nuovo deserto in quanto gli uomini trasbordati dalla Ellen Austin erano tutti scomparsi. Nessun segno fu trovato per far luce su quanto poteva essere accaduto. Per una seconda volta alcuni volontari salirono a bordo della goletta, evidentemente dietro le pressioni del capitano che voleva a tutti i costi impadronirsene attirato dal grosso guadagno. Ma anche questa volta le due navi non andarono molto lontano. Una seconda tempesta le divise e da allora né il secondo equipaggio né il bottino furono ritrovati. La nave da guerra Atlanta scomparve invece insieme a tutti i 300 uomini che erano a bordo, proprio in quello stesso periodo. La nave era inglese e tornava in Europa dopo una lunga crociera di addestramento. L'ammiragliato inglese organizzo una ricerca sistematica per lungo tempo, ma senza alcun esito. Forse fu quella la prima volta nella storia in cui furono condotte delle ricerche organizzate con parecchie navi che perlustrarono l'oceano secondo un piano preordinato senza però trarne alcun risultato. Anche la nave Cyclops scomparve misteriosamente nel marzo del 1918 mentre si trovava nel triangolo. C'erano a bordo più di 300 uomini, tutti della marina degli stati uniti. Si trattava di una nave da guerra e poiché si era in pieno conflitto mondiale, tra le ipotesi della scomparsa, varie prendevano in considerazione un possibile attacco di sommergibili tedeschi. Accurate indagini svolte dopo la fine della guerra portarono però a escludere questa eventualità. Anche la marina statunitense organizzò estese ricerche durate alcuni mesi, ma ogni tentativo fu inutile. Venendo a tempi più recenti, non possiamo non partire dalla San Paolo, una vecchia nave da guerra brasiliana che viaggiava al seguito di due grossi rimorchiatori con un piccolo equipaggio addetto alle manovre indispensabili del traino. L'episodio accade ai primi di ottobre del 1951. Anche qui le condizioni del tempo consigliarono uno dei rimorchiatori di sganciare le gomene per essere più libero nell'affrontare il mare. La mattina dopo , gli uomini del secondo rimorchiatore si accorsero che anche i loro cavi erano sganciati e che la San Paolo era scomparsa. Avvertite per radio, navi americane e inglesi aiutate da numerosi aeri iniziarono le ricerche, senza trovare alcun relitto. La sparizione della San Paolo era stata preceduta nel 1926 dalla perdita analoga della nave da carico Cottopaxy e nel 1931 dal mercantile Stavenger che trasmise per l'ultima volta la propria posizione mentre si trovava ad est del Grande Banco della Bahamas. Tutto sembrava procedere regolarmente. I resoconti di incidenti analoghi proseguivano puntualmente anche negli anni sessanta e settanta. Qualcosa di misterioso e comunque inspiegabile toccò nel 1963 alla Marine Sulphur Queen, un grosso cargo americano con quaranta uomini a bordo. La nave viaggiava all'uscita dal golfo del Messico quando un suo messaggio fu ricevuto per l'ultima volta. Considerando che essa doveva raggiungere un porto nella Virginia, si può arguire che avrebbe in seguito percorso lo stretto della florida, seguendo la corrente del Golfo in quanto è un passaggio obbligato per tutti i mezzi diretti a nord, per giunta largo appena una cinquantina di miglia. Difficile svanire in questa zona, sempre piena di traffico. Tuttavia la Marine non fu più vista, né raggiunse mai la Virginia. Per due settimane molti mezzi della guardia costiera americana perlustrarono il mare a nord di cuba e questa volta almeno un salvagente venne ripescato. Apparteneva alla nave scomparsa e ciò dette l'avvio ad una seconda fase di ricerche, che non portò tuttavia ad altri risultati. Nel 1966 fu la volta di un grosso rimorchiatore, il Southern Cities che trainava una chiatta si sessantacinque metri, carica di prodotti chimici e fertilizzanti. Alcuni giorni dopo che il rimorchiatore aveva m smesso di dare notizie, alcuni aerei della guardia costiera riuscirono ad individuare la chiatta che non recava segni di danni. L'incidente dello Witchcraft è un notevolissimo esempio di fulminea improvvisa sparizione di una piccola barca non soltanto in vista del suo porto, ma addirittura accanto a una boa del porto stesso. Dan Burack, il proprietario dello Witchcraft, che, sia detto per inciso, era reputato inaffondabile, aveva invitato un prete, padre Pat Hogan, a vedere l'illuminazione natalizia di Miami dal largo, la vigilia del Natale 1967. Essi navigarono su un mare calmo fino a circa un chilometro e mezzo di distanza dalla spiaggia, poi si fermarono ad ammirare l'illuminazione nelle vicinanze della boa numero 7. A questo punto Burack mandò un singolo, inaspettato segnale di aiuto alla Guardia Costiera, dando la sua posizione esatta. Una barca della Guardia Costiera, avvertita, impiegò soltanto venti minuti per raggiungere la boa numero 7, ma quando arrivò non vide nessuna traccia dello Witchcraft. La mattina seguente partirono le operazioni di ricerca del relitto. L'acqua in quel tratto di mare è profonda solo 13 metri, e uno yacht sarebbe facilmente visibile dalla superficie. Le ricerche continuarono fino al 10 gennaio, senza aver ritrovato alcun relitto, alcun cadavere o nient'altro che potrebbe far pensare a un naufragio. Alla fine della ricerca, un portavoce della Guardia Costiera dichiarò, alquanto paradossalmente: " Presumiamo che siano mancanti, ma non perduti in mare ". Nessuna traccia invece del Southern Cities e dei suoi uomini. Anche Anita, una carboniera tedesca che tornava in Europa svanì nel 1973 con 34 uomini a bordo. Un caso eclatante fu quello dello Scorpion, uno dei sottomarini atomici americani, che scomparve nel 1968 mentre viaggiava dalle Azzorre diretto alla base in virginia. Il pensiero di novantanove uomini imprigionati nello scafo tra tenne desta per molti giorni l'attenzione di tutto il mondo. Questa volta però la perdita era troppo importante, almeno per la marina degli stati uniti, che impegnò una serie impressionante di mezzi per rintracciare il sommergibile. Motivi militari e di prestigio spingevano a farlo. Bisognava sapere ad ogni costo cosa era accaduto. Solo dopo molti mesi si diffuse la notizia che una nave appositamente attrezzata aveva individuato il relitto un migliaio di chilometri a sud ovest delle Azzorre. Ne avevano dato conferma anche varie foto scattate sul fondale di oltre tremila metri su cui giaceva ciò che poteva essere lo Scorpion. In questo caso dunque non si poteva parlare di sparizione, ma le cause della sciagura come l'esito delle successive ricerche rimasero sempre chiuse in un geloso riserbo. Da quanto emerso tuttavia, sembra che la perdita del sottomarino non sia avvenuta propriamente dentro i limiti del cosiddetto triangolo, nel quale invece si continuò a non trovare traccia di relitti, e nemmeno di quelli degli aerei che nel frattempo sparivano con preoccupante regolarità. In questo contesto nel 1945 si verificò il più inspiegabile degli incidenti, che coinvolse un'intera squadriglia di apparecchi dell'aviazione statunitense. L'episodio accadde esattamente il 5 dicembre durante una missione addestrativa. Cinque apparecchi da caccia Grumman presero i volo dalla base di Fort Lauderdale, una ventina di chilometri a nord di Miami. Questi dovevano andare a bersagliare un pontone situato sul basso fondale corallino che circonda il Grande Banco delle Bahamas. Avrebbero poi percorso una rotta a nord, prima di tornare alla loro base. Una missione semplice senza rischi, di assoluta routine, come molte altre che venivano fatte ogni giorno. Questa volta invece le cose presero una piega imprevista e drammatica. Poco più di un'ora dopo il decollo, quando già l'esercitazione di tiro era stata compiuta e i cinque aeroplani erano sulla via del ritorno, arrivò a Fort Lauderdale un messaggio allarmante. Il comandante comunicava alla base che non riusciva a determinare la propria posizione. Gli strumenti di bordo di tutti gli apparecchi sembravano impazziti. Anche la costa della florida, presumibilmente vicina, era scomparsa dalla vista. Venne mantenuto il collegamento radio e a terra fu presto chiaro che qualcosa di molto strano stava accadendo ai caccia in volo. Il capo squadriglia non riusciva a dare alcuna indicazione sulla propria posizione e lo stesso accadeva anche agli altri quattro apparecchi che viaggiavano alla cieca, esaurendo fatalmente il carburante. A un certo punto il contatto radio finì. Dagli ultimi messaggi si poteva supporre che la squadriglia fosse finita sopra il golfo del Messico, ma in questo caso non si riusciva a capire come i piloti non avessero visto la terra sottostante, mentre sorvolavano la Florida da est ad ovest, dato che le condizioni del tempo erano buone e la visibilità era perfetta. Decollarono quello stesso pomeriggio vari aerei di soccorso, tra cui un grosso idrovolante Martin Mariner, che iniziarono a perlustrare la zona senza tuttavia sapere dove indirizzare esattamente le loro ricerche. I cinque Grumman potevano essere finiti da qualsiasi parte e certamente male, perché l'autonomia del carburante e si era esaurita. Una grave disgrazia sembrava ormai certa, a meno che qualcuno dei piloti non fosse riuscito ad ammarare e a mettersi in salvo con un tipo speciale di zatterino di cui ogni aereo era dotato. Se non bastasse tutto questo, poco dopo la partenza dei primi soccorsi giunse a terra un altro messaggio in cui il comandante dell'idrovolante Martin Mariner annunciava di essere in difficoltà a causa dei venti molto forti incontrati in quota. Nessun'altra comunicazione giunse dal Martin Mariner anch'esso scomparso come gli altri. Alla sera glia aerei perduti erano sei. Mancavano dieci uomini della squadriglia più altri tredici membri che componevano l'equipaggio del bimotore di soccorso. All'alba del giorno dopo iniziò un'operazione di ricerca senza precedenti, con centinaia di aerei, navi, sottomarini e vedette della guardia costiera. Ma pur continuando per diverse settimane, questa gigantesca operazione aeronavale non dette il minimo risultato e così il mistero crebbe, insieme al numero delle congetture che venivano tentate per spiegare in qualche modo l'accaduto. Di razionale, di logico, di comprovabile non c'era nulla. E allora si entrò inevitabilmente nel mistero. Si parlò di astronavi e di extraterrestri che avrebbero avuto imprecisati interessi a interferire nell'attività delle navi ed aerei prelevandoli letteralmente dal nostro pianeta per portarli chissà dove. Si citava Einstein e si parlava di altre dimensioni per suggerire la credibilità queste ipotesi che indubbiamente esercitavano una forte influenza sul pubblico. Un anno e mozzo dopo, cioè nel luglio del 1947, un incidente analogo colpì un altro aereo militare. Si trattava di un C-54 che scomparve con sei uomini a bordo mentre era diretto a una base in florida. Sei mesi più tardi fu la volta di un quadrimotore passeggeri che scomparve nei pressi delle Bermude. Le ultime comunicazioni radio non segnalavano nulla di anormale, ma in seguito i contatti cessarono e l'apparecchio non giunse mai a destinazione. Un quadrimotore del tutto identico a questo andò perduto nel 1949 mentre viaggiava dalle Bermude verso la Giamaica. Apparteneva come il precedente ad una compagnia aerea inglese che insinuò l'idea di un sabotaggio organizzato. Non esisteva però alcuna prova in proposito e del resto non furono i soli aerei a sparire in quel periodo. Poco tempo prima era andato perduto un DC-3 noleggiato da un'agenzia di viaggi di Miami che recava a bordo una quarantina di persone. Questo incidente fu tanto più clamoroso, perché si seppe che nell'ultimo contatto radio il pilota aveva comunicato di essere ormai prossimo all'arrivo, anzi di intravedere già le luci della città. Naturalmente, tutte le ricerche effettuate, anche in questo caso risultarono inutili. Un aereo da trasporto scomparve con trentacinque persone nel 1952 mentre era diretto a Kingston e nell'ottobre del 1954 toccò ancora a un aereo della marina degli stati uniti. Era un Super Constellation partito da Patuxent River nel Maryland, in viaggio verso le Azzorre. Nel 1956 precipita, o almeno così si suppone un a quadrimotore cisterna dell'Aviazione americana durante una missione dalla propria base situata in Virginia, alle Azzorre. L'anno seguente sono due gli aerei cisterna perduti contemporaneamente. Erano diretti in Florida e le ultime segnalazioni radio pervenute da bordo segnalavano la loro posizione a un centinaio di miglia a nord est del Grande Banco delle Bahamas. Le lunghe ricerche che seguirono portarono al ritrovamento di alcuni relitti che avrebbero potuto appartenere ai due aerei: ma anche questo non era certo. Le cose si complicarono quando, proseguendo le perlustrazioni del mare, altri relitti vennero trovati a più di duecento chilometri di distanza dai primi. A parte l'incertezza dell'identificazione, era chiaro che i rottami non potevano essere contemporaneamente in due posti così lontani. E il mistero divenne ancora più fitto. Il 5 giugno 1965 un C-119 atteso alla base aerea situata nell'isola di Great Turk una delle più meridionali delle Bahamas, si perse durante il viaggio di trasferimento. Poco prima della disgrazia l'aereo era in normale contatto radio con la torre controllo dell'aeroporto a cui aveva preannunciato di arrivare in poco più di un'ora. Testimoni militari riferirono che improvvisamente i collegamenti radio peggiorarono , facendosi sempre più deboli e indecifrabili, fino a sparire completamente. Anche in questo caso furono fatte ricerche molto ampie , partendo dal luogo dell'ultima posizione segnalata . L'esito, come al solito, fu negativo. Un Chase YC-122, con a bordo quattro persone, e diretto a Grand Bahama da Palm Beach, in Florida, svanì in un certo punto a nord ovest di Bimini, il gennaio 1967. Un' altra perdita, nel tratto relativamente breve tra Fort Lauderdale e Freeport, ebbe luogo l' 11 giugno 1973, quando Reno Rigoni scomparve con il suo secondo pilota, Bob Corner, in un Cessna 180. Nelle vicinanze della rotta da lui indicata non si trovò nessun rottame, nonostante una ricerca che incluse le Everglades. Dalla sua radio non era giunto nessun segnale di pericolo. Una scomparsa insolita è avvenuta a 1450 chilometri a sud ovest delle Azzorre, il punto dove fu avvistato per l'ultima, volta (17 febbraio 1974) Thomas Gatch, il quale aspirava ad attraversare l'Atlantico in pallone. Gli aeroplani della Marina degli Stati Uniti perlustrarono un'area di 577.215 chilometri quadrati di oceano, ma senza successo. Sono molti quelli che ritengono che le forze che popolano il Triangolo delle Bermuda siano soggette a variazioni di intensità e che abbiano periodicamente dei picchi d'attività, più o meno regolarmente. Come negli anni Settanta le sparizioni si sono concentrate nel biennio 1978-79, negli anni Ottanta si ha avuto un massimo d'attività nell'autunno 1982 (in tre mesi si sono concentrate quattro sparizioni). Subito dopo le scomparse sono scese sotto la media di una all'anno, per poi riprendere prepotentemente tra il 1985 ed il 1986. L'aeroplano che ha portato la maledizione del Triangolo negli anni Ottanta era un comune Beechcraft Bonanza, un leggero veivolo, che al momento trasportava il suo proprietario, accompagnato dalla moglie. I due partirono dall'isola di Gran Abaco (nelle Bahamas) a mattina inoltrata, diretti a Fort Piece, in Florida. Questa è una rotta breve e battuta, e per quasi tutta la sua lunghezza si snoda sopra o nelle vicinanze di Grand Bahama, per poi seguire la Corrente del Golfo fino alla costa delle Florida. Appena superato l'ultimo lembo dell'isola di Grand Bahama, il Beechcraft svanì, dopo poco più di un'ora di volo. Quel giorno vi era una forte umidità nell'aria, ma non vennero registrati temporali. Le ricerche continuarono per una settimana, ma non venne ritrovato nessun indizio che permettesse di dire che il veivolo era realmente precipitato tra i flutti dell'oceano. Una settimana dopo avvenne un'altra sparizione, alla quale si è tentato di dare una spiegazione. L'aeroplano scomparso era un Piper Navajo e trasportava sette passeggeri più il pilota, il quale aveva alle spalle oltre 8000 ore di volo. Il veivolo, partito dall'isola di St. Maarten e diretto ad Anguilla, svanì improvvisamente, senza che alla torre di controllo pervenisse alcuna richiesta di aiuto. Dopo le ricerche senza risultato i periti incaricati di indagare diedero questa spiegazione: il Piper Navajo ha un design molto particolare, ha infatti il muso cavo, dove è sistemato il portabagagli e dove si trova quindi il centro di gravità dell'aereo. Così se si fosse verificato improvvisamente un problema ai motori, il Piper sarebbe precipitato a capofitto fra le onde, senza dare al pilota il tempo di inviare un MAY-DAY. Questa ipotesi può effettivamente spiegare il perché della mancanza di richieste da aiuto del pilota, ma il perché non siano stati ritrovati rottami resta tuttora un'incognita. Nel mese di novembre scomparve un bimotore Queen Air 65, in circostanze forse ancora più misteriose, in quanto il pilota, in contatto con l'aeroporto di Nassau disse "Tutto normale, l'atterraggio è previsto tra…" In quel momento la conversazione venne troncata e pochi secondi dopo il veivolo scomparve dai radar. Le ricerche iniziarono poche ore dopo, ma vennero protratte stancamente per alcuni giorni a causa del maltempo, ed infine sospese dopo dieci giorni senza esiti. Tra 1985 e 1986 scomparvero sei veivoli, in circostanze identiche: nessun MAY-DAY, visibilità buona, assenza di relitti. La sparizione più interessante avvenne il 4 agosto 1986. Fu anche una delle poche sparizioni che attirò realmente l'interesse dei media, in quanto a bordo di quel Twin Otter vi erano alcuni politici dell'isola di St. Vincent, fra cui il Ministro degli Esteri della piccola isola caraibica. Il viaggio tra St. Lucia e St. Vincent è incredibilmente breve, in pratica le due isole solo visibili l'una dall'altra. Al momento dell'atterraggio il tempo era pessimo, vi era un grande banco di nebbia che copriva interamente St.Vincent, la visibilità era minima. Il pilota, a motivo di ciò, tentò più volte l'atterraggio, senza mai riuscirvi. Comunicò così che avrebbe compiuto un ampio cerchio attorno all'isola per riprovare di nuovo. Il biplano svanì proprio in quella manovra di allontanamento, mentre si trovava a soli 2 chilometri dall'isoletta di destinazione. Vi furono grandi ricerche, ma dove è finito il Twin Otter con i suoi passeggeri forse non lo sapremo mai. Non è vero, come sostengono i maliziosi, che le sparizioni misteriose all'interno del Triangolo delle Bermuda siano cessate con l'avvento di nuovi sistemi di GPS e nuove tecnologie aeronautiche. Questi incidenti sono la prova che il Triangolo Maledetto non ha ancora cessato la sua attività. L'incidente più recente è avvenuto poco più di un anno fa, nell'inverno 2000. Il 5 gennaio dell'anno scorso, alle 9:40am era atteso sulla pista d'atterraggio dell'aeroporto di St. Augustine un Cessna 172. Il veivolo proveniva da Gran Bahama, e si era mostrato in leggero ritardo. Alle 9:41 e 51 secondi venne identificato ad una altezza di 2500piedi. Alle 9:45 e 24 secondi il radar lo segnalò ad un'altezza di 2000piedi, alle 9:45 e 51 secondi a 1200 piedi, a 4 miglia ad ovest di St. Augustine. Era dunque in piena fase d'atterraggio, tutto procedeva senza problemi, il tempo era sereno. Nove secondi più tardi il pilota disse "Torre di controllo, non vedo più niente". Un secondo dopo scomparve dalle apparecchiature. Il giorno dopo l'aereo venne comunque ritrovato, con all'interno il corpo del pilota. Ma non c'è ancora spiegazione su come possa essere accaduta la tragedia. Come può un pilota improvvisamente non vedere più la linea costiera? La notte del 25 giugno dello stesso anno numerosi testimoni asserirono di aver visto al largo dell'isoletta di Andros (situata in mezzo al Triangolo delle Bermuda) delle "sfere di luce" compiere complesse evoluzioni. Nuove segnalazioni di UFO all'interno del Triangolo? Un altro incidente è difficile da spiegare. Il 12 maggio 1999 un bimotore Aero Commander 500 era in fase di atterraggio all'aeroporto di Nassau. Mentre era in comunicazione con la torre di controllo scendeva lentamente di quota. Improvvisamente, alle 8:27am il radar segnalò che il veivolo era scomparso. Per trenta minuti non si ebbero notizie del bimotore, quando improvvisamente, alle 8:57am riapparve ad una altezza di 100 piedi. Un messaggio della torre di controllo indirizzò il pilota sulla pista d'atterraggio numero 9, ma non si ebbero risposte. Poco dopo scomparve nuovamente, e questa volta anche definitivamente. Non si rivelò nessuna anomalia nella rotta e nella procedura d'atterraggio intraprese dal pilota.
IL TRIANGOLO DELLE BERMUDE - LE IPOTESI
Che dire di
queste cronache? Una considerazione preliminare riguarda la percentuale
statistica degli incidenti rispetto al traffico presunto o calcolato nella zona.
Libri e articoli affermano che questa percentuale è assolutamente
sproporzionata secondo le stime che sono state fatte. Ma esaminiamo ora il
ventaglio di ipotesi fatte per giungere alle possibili cause delle sciagure.
Una prima ipotesi è quella del sabotaggio commerciale, che però non trova una
sua logicità in quanto gli aerei e le navi scomparse appartenevano a varie
compagnie di diverse nazioni. Inoltre, a quanto è dato sapere, uomini e merci
trasportate non avevano una importanza particolare sotto un profilo strategico o
propagandistico. Nessuna nave inaugurava nuove rotte commerciali in grado di
ledere gli interessi finanziari o d'altro genere. Nel caso del rimorchiatore
Southern Cities, il carico trasportato dalla grande chiatta venne ritrovato
intatto e lo stesso successe riguardo ad altre navi abbandonate. Gli aerei
precipitati risultano quasi sempre vecchi apparecchi di linea se non addirittura
residuati di guerra poi trasformati per uso commerciale. Tra loro non c'era
nessun prototipo sensazionale. Un’altra ipotesi, quella più spontanea ed
evidente, riguarda l'errore umano. Alcune sciagure possono essere imputate a un
simile fattore, specie riguardo agli aerei. Lo sbaglio del pilota nella lettura
degli strumenti o nel concorso di cattive condizioni meteorologiche, nebbia e
turbolenza atmosferica. Anche un malore improvviso poteva in qualche caso essere
fatale. C'è da tenere presente tuttavia che i grossi aeroplani di linea come i
quadrimotori militari, prevedevano a bordo un comandante e un secondo pilota in
grado di intervenire eventualmente, oltre a tutta una serie di strumenti di
controllo ausiliari che facilitavano e automatizzavano tutte le operazioni di
guida. Nessun aereo era andato a cozzare contro montagne, peraltro inesistenti,
per una cattiva lettura dell'altimetro. L'ipotesi dell'errore umano cade poi
completamente se applicata al caso della squadriglia dei caccia Grumman. Un
aereo avrebbe potuto staccarsi dalla formazione e trovarsi di colpo in difficoltà,
ma la scomparsa di tutti e cinque restava assolutamente inspiegabile sotto
questa luce. Era impossibile pensare che tutti i piloti avessero sbagliato o si
fossero sentiti male contemporaneamente, così come è impossibile ipotizzare un
errore del caposquadriglia che avrebbe trascinato i compagni in un disastro
fatale, facendoli scendere in picchiata sulla superficie dell'oceano. Infatti il
disastro non era stato improvviso in quanto la dinamica della disgrazia presenta
una lunga serie di contatti radio prima del silenzio finale. I messaggi
pervenuti alla base di Fort Lauderdale erano confusi e contraddittori ma non
indicavano che qualcuno si sentisse male fisicamente.
Nell'incidente che aveva coinvolto nel 1963 i due aerei cisterna americani si
poteva supporre forse che l'errore dei piloti avesse causato uno scontro nel
cielo, a grande e altezza che avesse poi polverizzato letteralmente gli
aeroplani rendendone impossibile il ritrovamento. Questo invece fu invece uno
dei pochi casi in cui vari rottami, per quanto non ben identificati, vennero
travati, ma ad oltre duecento chilometri di distanza, e ciò urta l'ipotesi di
uno scontro.
Riguardo alle navi scomparse, il fattore umano acquistava una importanza meno
determinante. Si poteva certo pensare ad errori di manovra. Durante una
tempesta, un colpo di barra inopinato poteva portare uno scafo a traversarsi,
imbarcare acqua e quindi affondare, ma per navi da dieci e ventimila tonnellate,
ciò era praticamente insostenibile. Un errore di rotta avrebbe eventualmente
portato un bastimento ad arenarsi su un basso fondale o a spezzarsi contro una
scogliera, ma qui in seguito sarebbe stato facilmente individuato.
Una seconda probabilità riguarda i guasti meccanici, che certamente erano
possibili. Si va dal blocco dei motori aerei da scippo scoppio delle caldaie di
alcune navi. Ma imputare tutte le scomparse a ciò, non è sostenibile e
comunque non spiegherebbe la totale mancanza di relitti. Per i due incidenti
aerei citati, valgono poi le stesse considerazioni già fatte. Il guasto avrebbe
dovuto riguardare tutti i motori della squadriglia. Tutti i libri e gli articoli
che si sono occupati dell’argomento concordano nel riferire che i piloti del
Grumman non sapevano riconoscere la loro posizione, sembrava che le bussole
fossero impazzite. Questo fatto lasciava aperta la possibilità di un fattore
esterno che influenzasse gli strumenti. Venivano supposte anomalie magnetiche
proprie di quella zona, capaci di modificare se non annullare il funzionamento
degli apparati di bordo.
Vari articoli di autorevoli esperti confermano effettivamente l'esistenza di
queste anomalie. Ma a che cosa sono dovute?. Solo dopo l'ultima guerra mondiale
gli studi sul magnetismo terrestre compirono reali progressi, soprattutto ad
opera di scienziati americani e inglesi che si sono trovati a disposizione
strumenti perfezionati sotto la spinta delle necessità belliche. Ma allora in
questo campo si sapeva ben poco. Negli anni cinquanta, studiosi della Scripps
Institution of Oceanography scoprirono che su molti fondali prospicienti
variazioni dell'intensità magnetica, la cui natura e struttura però non erano
molto conosciute. Si sapeva che materiali magnetizzabili perdono ogni traccia
del loro magnetismo se portati a grande temperatura. Una volta raffreddati però,
assumono permanentemente le caratteristiche del campo magnetico in cui si
trovano. Molte delle rocce presenti in questa zona rivelavano un comportamento
magnetico inspiegabile. Studi successivi del professor Vine dell’università
di Cambridge avevano portato a clamorose conclusioni . Ricerche magnetometriche
in ampi tratti dell’oceano avevano poi rilevato differenze positive e negative
rispetto al campo magnetico terrestre normalmente rilevabile. Presto fu evidente
che questo aveva invertito più volte nel corso delle ere geologiche la propria
polarità.. Altri studi sul campo magnetico sul mare furono condotti dagli
scienziati del Lamont Geological Observatory. I risultati ottenuti consentirono
di chiarire da un punto di vista geofisico la storia e la dinamica dei fondi
oceanici, nonché correlare queste prove con la teoria della deriva dei
continenti. Ma questi risultati, importanti per la conoscenza della geofisica,
dello studio dei terremoti e dei vulcani sembravano non avere nessun legame con
gli incidenti del Triangolo maledetto. La misura di queste anomalie era appena
rilevabile con strumenti sofisticati. Le indagini in proposito fecero progressi
solo nel dopoguerra, quando appunto la tecnica aveva consentito di affinare i
metodi di indagine e così chi voleva ipotizzare la presenza di corpi estranei
alla normale morfologia terrestre, in grado di alterare enormemente la misura
del campo magnetico con conseguenti effetti nocivi su cose e persone doveva
arrendersi di fronte all’evidenza. Queste fonti abnormi sarebbero state subito
localizzate da un’imponente rete di controlli scientifici che ogni giorno
vengono effettuati per diverse ragioni ma con precisi programmi. C’era poi da
considerare che ogni giorno centinaia di navi e aerei transitavano nella zona
senza avvertire conseguenze su bussole e strumenti. Ben presto si scoprì che
anomalie magnetiche dello stesso tipo ed intensità erano presenti in tutti i
mari del mondo, lungo le dorsali oceaniche dell’atlantico e del Pacifico e
questo lascia ben poco spazio alle fantasie. Dunque tutte queste informazioni
abbastanza elementari sono già sufficienti per ridimensionare l’arcano che si
celerebbe nel triangolo delle Maledetto, sotto forma di fenomeni magnetici
capaci di provocare interferenze così clamorose. Se qualcosa di strano avviene
in quella zona, le cause devono essere dunque ricercate altrove.
I tifoni per esempio, sicuramente frequenti da queste parti, possono aver avuto
la loro parte nelle disgrazie. Questi disastri naturali che devastano il mare e
si abbattono sulle coste con enorme violenza hanno una origine meteorologica che
appunto li localizza in quella regione con maggior frequenza che altrove. La
loro azione distruttiva è spaventosa. Molti aerei e navi potrebbero essersi
perduti per questo motivo. Tuttavia le cronache degli incidenti avvenuti sono
spesso concordi nel precisare che al momento delle varie sciagure le condizioni
meteorologiche erano normali, se non addirittura buone.
Abbastanza vicina è l’ipotesi di naufragi avvenuti per improvvise onde di
sessa di dimensioni colossali che avrebbero travolto e spazzato le imbarcazioni
incontrate sul loro cammino. Le onde di sessa sono provocavate da frane
sottomarine dovute a piccoli terremoti di assestamento. Infatti nei fondali
degli oceani vi troviamo vallate, corrugamenti, altopiani, vere e proprie
montagne, isolate o unite in catene. Morfologicamente la loro instabilità è
molto superiore a quella che si riscontra in terraferma. Spesso le correnti,
eruzioni vulcaniche, e grosse frane di altro genere, spostano grandi masse di
materiale che muovendosi improvvisamente causano moti ondosi abnormi e molto
pericolosi, chiamati appunto onde di sessa. Queste possono così prodursi anche
in mare calmo e in assenza di altre perturbazioni atmosferiche. Sono quindi
abbastanza imprevedibili. Una volta formate le onde possono raggiungere altezze
molto maggiori a quelle del peggior mare in tempesta. Sono vere e proprie
montagne d’acqua che avanzano travolgendo ogni cosa che incontrano, prima di
spegnersi lentamente secondo le leggi dell’inerzia. Questa insidia esiste
sicuramente e potrebbe aver causato qualcuna delle disgrazie rimaste
inspiegabili. In questa ipotesi però sembra strano che i naufragi si siano
verificati nei punti approssimativamente segnalati come lo stretto di Florida
(rotta della Marine Sulphur Queen) o nell’area dell’arcipelago delle
Bahamas. In questo caso gli effetti delle eventuali onde di sessa dovevano
essere avvertiti anche in prossimità delle coste interessate, ma ciò non è
mai avvenuto. Siamo dunque ancora di fronte ad elementi contraddittori che
restringono l’eventualità di una causa di questo tipo. Lo stesso ragionamento
vale per i maremoti. I movimenti di assestamento che li provocano hanno una
portata più ampia e non sfuggirebbero al pennino dei sismografi, oltre al fatto
evidente che le loro conseguenze coinvolgerebbero molte popolazioni rivierasche.
Vari giornalisti e scrittori che si sono occupati delle sciagure accadute nel
triangolo hanno rilevato come queste siano divenute particolarmente frequenti a
partire dal 1945, vale a dire nell’immediato dopoguerra. Si è pensato allora
alla possibilità di azioni di sabotaggio o terrorismo da parte di alcuni nuclei
di combattimento che non avessero accettato l’esito del conflitto, e avessero
continuato a condurre una lotta personale per quanto folle e senza speranza. Ma
qui si dovrebbe poi ipotizzare la presenza di sottomarini e di navi da
combattimento nella zona, e ciò è sinceramente improponibile.
In conclusione nessuna delle ipotesi prese in esame è capace di spiegare, in
qualche modo, un numero sufficiente di disgrazie. Anche pensando ogni volta ad
un insieme di varie concause, che allargherebbe il numero degli incidenti
naturalmente possibili, ne rimarrebbero comunque molti senza una logica
spiegazione.
IL TRIANGOLO DELLE BERMUDE - L' IPOTESI ATLANTIDE
Edgar Cayce
è stato una figura mitica nel complesso panorama dell’occulto e del
paranormale che ha sempre interessato gli americani specialmente negli anni
confusi del primo novecento.
Oltre che medium e guaritore, Cyce era anche un veggente ascoltato e famoso. Le
sue previsioni avvenivano durante uno stato di trance in cui riusciva a cadere
volontariamente nel giro di pochi minuti. Spesso, quando si risvegliava, poteva
osservare l’espressione attonita dei presenti che avevano appena ascoltato
l’annuncio di guerre e catastrofi a breve scadenza. Una sua biografica ne
parla come un uomo timorato di Dio e teso al bene del prossimo.
Nonostante varie vicissitudini personali (arrestato un paio di volte per debiti
e per aver esercitato per le strade l’arte dell’indovino) Cayce era riuscito
con gli anni ad avere attorno a se un gran numero di seguaci che credevano
ciecamente ai suoi poteri e alle sue visioni esoteriche. Si era costituita anche
una vera organizzazione che propagava ne paese le sue opere e il suo pensiero.
Sembra che Cayce non abbia tratto personalmente dei guadagni e certo fu vittima
di persone interessate che specularono sulla sua notorietà. Ben presto si
aprirono negli Stati Uniti centinaia di circoli intitolati a suo nome e la
"Fondazione Cayce" riuscì perfino ad aprire una università per
approfondire gli studi metapsichici ed un ospedale dove applicare terapie
paranormali. Proprio negli anni della sua vita, egli dichiarò di ripetutamente
che a partire dagli anni cinquanta sarebbero state individuate nella regione dei
Caraibi e delle Bahamas alcune rovine sommerse, un tempo appartenute a un
continente scomparso: proprio quell’Atlantide favolosa di cui parlava la
leggenda. Oltre a ciò Cayce si era anche dilungato a descrivere lo sviluppo
raggiunto da quella civiltà, le conoscenze tecniche che avevano preceduto di
migliaia di anni scoperte scientifiche.
IL TRIANGOLO DELLE BERMUDE - I SOPRAVVISUTI
DICK STERN - Nel suo libro Invisible Horizons, Vincent Gaddis, riferisce di aver ricevuto una lettera da un ex aviatore, un certo Dick Stern, con informazioni pertinenti e sbalorditive. Stern scrisse che verso la fine del 1944 aveva fatto parte di una squadriglia destinata all'Italia. La squadriglia consisteva di un gruppo di sette bombardieri. A circa 480 Km oltre le Bermuda, il suo aeroplano era stato travolto da un turbine inaspettato e violento, che lo ha costretto a ritornare negli Stati Uniti. Quando il fenomeno si era manifestato, il tempo era limpido e le stelle erano visibili, ma il turbine aveva rovesciato l'aeroplano e l'aveva fatto impennare così violentemente, che l'equipaggio era stato sbalzato contro il soffitto. A causa del turbine, l'aeroplano aveva perso quota a tal punto che stava per precipitare in mare. Quando il suo apparecchio era rientrato alla base, Stern apprese che su un'altra squadriglia di sette aeroplani, soltanto uno era rientrato; che non c'erano stati contatti radio con i veivoli dispersi, ne ritrovati poi rottami o sopravvissuti. Questo incidente, capitato un anno prima della sventura della Squadriglia 19, sempre nel mese di dicembre, non fu considerato una perdita strana, perché avvenuta in tempo di guerra, e non ricevette alcuna pubblicità. Qualche anno dopo la fine del conflitto, Stern e sua moglie si trovavano in volo da Bermuda a Nassau, di giorno, su un Bristol Britannia, quando accadde un incidente abbastanza simile al primo All'improvviso, l'aeroplano si era abbassato di quota senza alcun avvertimento, e il cibo che i passeggerei stavano mangiando venne scaraventato sul soffitto. Questo fenomeno può essere spiegato come un esempio di turbolenza d'aria chiara (CAT), che se intensa e prolungata, può distruggere un aeroplano e disperderlo in mare. In ogni caso Dick Stern ebbe l'avventura di imbattersi due volte nella stessa forza misteriosa, quasi nello stesso punto del Triangolo, e visse per raccontare le sue esperienze.
JOE TALLEY - Joe Talley, capitano di una barca da pesca, la Wild Goose, sperimentò invece una diversa maniera (sebbene non mortale, almeno nel suo caso) di scomparire nell'arca del Triangolo. Questo incidente non riguarda un aeroplano, ma il suo stesso peschereccio, rimorchiato da un'altra imbarcazione. Il caso gli capitò sulla Tongue of the Ocean, un punto profondissimo compreso nel gruppo delle Bahama, che però non fa parte dei Bahama Banks (Banchi delle Bahama), in quanto la sua arca relativamente ristretta ha una profondità di migliaia di metri; un ripidissimo scoscendimento a est dell'Isola di Andros, e un punto dove sono avvenute molte sparizioni. La barca da pesca per pescecani del capitano Talley, lunga venti metri, doveva essere rimorchiata a sud, sulla Tongue of the Ocean, da un rimorchiatore di 32 metri, il Caicos Trader. Il tempo era buono, e da sud ovest soffiava un vivace aliseo. Le due imbarcazioni si stavano avvicinando alla parte meridionale della zona, dove questo canyon sottomarino si solleva formando un gran buco a forma di cratere, nel settore sud, con un diametro di 64 chilometri. Le scogliere e, verso est, la catena Exuma, proteggono in questo punto la Tongue of the Ocean dalla furia del mare, che potrebbe scatenarsi a causa dei venti alisei provenienti da sud est. Era notte, e il capitano Talley dormiva nella sua cuccetta sotto i ponti. All'improvviso fu destato da un fiotto d'acqua che si riversava su di lui. Dopo aver afferrato automaticamente un giubbotto salvagente, egli cercò di raggiungere un portello aperto. Mentre si sforzava di uscire, si trovò sott'acqua; ma, incontrata una gomena, la seguì fino alla superficie, calcolando di percorrere una distanza variante dai quindici ai venticinque metri. Evidentemente, quando era riuscito a fuggire dalla sua cabina, era sommerso in dieci o quindici metri d'acqua. Una volta raggiunto il capo della gomena, e la superficie, si accorse che il Caicos Trader aveva proseguito senza di lui. Ecco che cos'era accaduto: l'improvvisa forza che stava trascinando il Wild Goose sott'acqua, verso il fondo, con il capitano Talley a bordo, minacciava di far capovolgere il Caicos Trader, a causa del cavo da rimorchio collegato. Allora l'equipaggio del rimorchiatore aveva tagliato il cavo, lasciando le immediate vicinanze; poi il rimorchiatore era ritornato indietro, a vedere se per miracolo Talley fosse riuscito a uscire dalla cabina della sua barca che veniva trascinata sott'acqua. Gli uomini del rimorchiatore avevano visto il Wild Goose colare a picco, come se fosse preso in un vortice. Dopo circa mezz'ora Talley, ormai in procinto di affogare, udì con stupore il suo nome gridato sull'acqua attraverso un megafono dal Caicos Trader, che era ritornato. Riuscì a urlare una risposta, e così fu salvato. Siccome in maggioranza i capitani della zona sanno che molte inesplicabili sparizioni di navi sono spesso accompagnate da disfunzioni della bussola e della radio, fu fatta un'inchiesta sul funzionamento della bussola durante l'incidente. Si scoprì, tuttavia, che il timoniere aveva fissato la rotta e lasciato il timone, perciò non ci fu modo di sapere se in quel momento ci fosse stata un'aberrazione meccanica. Altre navi hanno perduto i loro rimorchi nella zona, qualche volta perdendo anche l'equipaggio insieme con l'imbarcazione che stavano rimorchiando, a differenza del caso del capitano Talley, il quale visse per raccontare la sua esperienza. In certe circostanze, una specie di nebbia ha coperto la seconda nave. e si sono notate disfunzioni della bussola e dell'apparato elettrico nella prima nave. Ci si domanda perché certi rimorchiatori forniscano resoconti su queste forze, mentre non se ne hanno mai da imbarcazioni isolate.
DON HENRY - L'esperienza del capitano Don Henry, nel 1966, ci offre una descrizione chiara di un tiro alla fune fra il rimorchiatore e una forza non identificata che tentava, consciamente o inconsciamente, di impossessarsi della chiatta. Il capitano Henry era il proprietario di una società di ricuperi marittimi di Miami, chiamata la Sea Phantom Exploration Company, aveva una lunga esperienza di capitano e di navigatore, Per la sicurezza del suo racconto e per la sua memoria dei particolari, mi sembra opportuno di lasciare che sia il capitano Henry a riferire l'incidente con le sue stesse parole, che sono state trascritte nel corso di una conversazione con il dottor Manson Valentine (studioso dei fenomeni del Triangolo delle Bermuda) riguardante la chiatta scomparsa. "Ci trovavamo sulla via del ritorno, tra Puerto Rico e Lauderdale. Eravamo stati in mare per tre giorni, rimorchiando una chiatta vuota, che aveva trasportato nitrato di petrolio. Io ero a bordo del Good News, un rimorchiatore di duemila cavalli, lungo quarantanove metri. La chiatta che stavamo rimorchiando pesava duemilacinquecento tonnellate, ed era collegata con un cavo lungo più di 300 metri. Ci trovavamo sulla Tongue of the Ocean, dopo aver oltrepassato le Exumas, su una profondità di circa 600 braccia. Nel pomeriggio, il tempo era buono e il cielo limpido. Io ero andato per qualche minuto nella cabina dietro il ponte, quando sentii un gran vociare.
Nave gemella del GoodNews, il rimorchiatore di 48 metri su cui Don Henry condivise il noto incidente
Uscii dalla cabina e corsi sul ponte, gridando: 'Che cosa diavolo sta succedendo?' La prima cosa che guardai fu la bussola, che stava girando in senso orario. Non c'era ragione perché capitasse una cosa simile. Non sapevo che cosa fosse successo, ma certamente si trattava di qualcosa di grosso. Sembrava che l'acqua arrivasse da tutte le direzioni. L'orizzonte era scomparso, non potevamo vederlo, l'acqua, il cielo e l'orizzonte si confondevano insieme. Non riuscivamo a capire dove eravamo. Di qualunque cosa si trattasse, carpì, rubò o prese a prestito tutto dai nostri generatori. Tutte le fonti di elettricità smisero di produrre energia. I generatori continuavano a funzionare, ma noi non riuscivamo a ottenere nessuna energia. Il macchinista cercò di avviare un generatore di emergenza, ma non riuscì a produrre una scintilla. Io ero preoccupato per la chiatta. Era solida, ma non riuscivo a vederla. Sembrava coperta da una nuvola, e intanto le onde sembravano più agitate che negli altri punti. Spinsi le valvole al massimo. Non sapevo dove stavamo andando, ma volevo allontanarmi in tutta fretta da lì. Pareva che qualcosa volesse tirarci indietro, ma non riuscisse a farcela. Allontanarsi da quel punto fu come uscire da un banco di nebbia. Quando uscimmo, il cavo da rimorchio era teso, come nel trucco della fune indiana, ma in fondo al cavo non si vedeva nulla, tutto era avvolto in una nebbia concentrata in quel punto. Balzai sul pontile e cominciai a tirare. La maledetta chiatta uscì dalla nebbia; ma non c'era nebbia in nessun altro posto. Infatti, la visibilità era di dieci miglia. Nell'area nebbiosa, dove si sarebbe dovuto trovare il rimorchio, l'acqua era agitata, sebbene le onde non fossero alte. Non vi è mai successo che due persone vi tirassero per le braccia, in direzioni opposte? Avevo la sensazione che ci trovassimo in un posto o in un punto che qualcuno o qualcosa voleva, e che qualcuno o qualcosa volesse che noi fossimo in un posto diverso da quello in cui stavamo andando". "C'era una specie di luce verdastra all'orizzonte?" "No, era lattiginosa. E' tutto quanto posso dire. Non stavo badando ai colori, in quel momento. Dopo aver lasciato quel posto, dovemmo caricare le batterie. Fui costretto a gettar via cinquanta pile per torce elettriche. " "Le venne in mente il Triangolo delle Bermuda?" "Sì. Era l'unica cosa a cui riuscivo a pensare in quel momento." "Non ha mai avuto altre esperienze come questa? " "No. Ho sentito parlare di altre persone che ne hanno avute, e di un rimorchio che andò perduto con uomini a bordo, e il cui cavo fu tagliato. Ma questa è stata l'unica esperienza toccata a me. E una mi è bastata! "
CHUCH WAKELEY - Chuch Wakeley racconta un cospicuo incidente elettronico, in cui una forza o una presenza elettronica sembrò prendere temporaneamente possesso del suo aeroplano, mentre volava tra Nassau e Ford Lauderdale. Chuck Wakeley aveva circa trent'anni, ed è stato un pilota professionista di aeroplani ed elicotteri per più di dieci anni. Aveva una notevole esperienza, avendo effettuato gran parte dei suoi voli da solo sopra le giungle di Panama e dell'America del Sud, dove una buona memoria per i particolari e una reazione fredda di fronte ai pericoli sono spesso i segreti della sopravvivenza. E' un osservatore addestrato, e ha tutte le carte in regola. "Nel novembre del 1964 ero un pilota della Sunline Aviation di Miami. In quel periodo accompagnai a Nassau un gruppo di persone con un volo charter; poi dovevo ritornare. Feci scendere i passeggeri, e partii dall'aeroporto di Nassau poco dopo il tramonto. L'aria era limpida e le stelle brillavano. Seguivo la rotta sul VOR (variabile onnidirezionale) di Nassau, per intercettare il VOR di Bimini durante il percorso. Circa alle 9.30 di sera passai sopra la punta settentrionale dell'isola di Andros, e potei vedere le luci di alcuni centri abitati. Mi ero messo in orizzontale a circa duemilacinquecento metri di altezza e stavo sistemandomi per un volo normale, ma dai cinquanta agli ottanta chilometri dopo Andros, mentre puntavo direttamente su Bimini, cominciai a notare qualcosa d'insolito: come un lievissimo brillio sulle ali. Da principio credetti che fosse un effetto creato dalle luci della cabina, che scintillavano attraverso i finestrini di plexigias colorato, perché le ali avevano un aspetto traslucido, sembravano di un pallido verdeazzurro, sebbene in realtà fossero verniciate con un bianco brillante. Nel corso di cinque minuti circa questo bagliore crebbe d'intensità, fino a diventare così scintillante da rendermi difficile la lettura degli strumenti. La bussola magnetica cominciò a girare, lentamente ma costantemente; gli indicatori del carburante, che al momento del decollo segnavano pieno a metà, ora segnavano pieno. Improvvisamente, il pilota automatico fece virare l'aeroplano a destra, perciò dovetti staccarlo e far funzionare a mano l'apparecchio. Non potevo fidarmi di nessuno degli strumenti governati elettricamente, perché erano del tutto guasti o impazziti. Presto l'intero aeroplano divenne luminoso, ma non si trattava di una luce riflessa: il bagliore veniva dall'aeroplano stesso. Ricordo che, quando osservai le ali dai finestrini, vidi che non brillavano soltanto di una luce verdeazzurra, ma sembravano perfino sfocate. A questo punto non potevo più contare sul mio autogiro né sugli indicatori dell'orizzonte e dell'altitudine; e, siccome era notte e io volavo con l'orizzonte artificiale, non avevo più un orizzonte verso il quale dirigermi. Il brillio era così intenso che non potevo più vedere le stelle. Feci l'unica cosa che potevo fare, cioè abbandonare i controlli, e lasciare che l'aeroplano volasse verso qualsiasi direzione avrebbe preso. Il bagliore aumentò in un crescendo accecante di luce, durò per cinque minuti circa, poi, a poco a poco, diminuì. Non appena il bagliore cessò, tutti gli strumenti ripresero a funzionare normalmente. Controllai tutti gli interruttori: nessuno era saltato. I fusibili non erano esplosi. Mi resi conto che l'apparecchio funzionava regolarmente, quando gli indicatori del carburante ripresero a segnare che i serbatoi erano pieni a metà. La bussola magnetica si stabilizzò, mostrandomi che ero fuori rotta soltanto di pochi gradi. Misi in funzione l'autopilota: era normale. Prima di atterrare, controllai tutti gli impianti: carrello di atterraggio, fiap, eccetera. Andava tutto bene. Incidentalmente, l'aeroplano aveva un circuito antistatico che avrebbe dovuto eliminare le cariche elettrostatiche". Domanda:"Crede che il suo caso fosse collegato con il Triangolo delle Bermuda?" "Non sapevo nulla del Triangolo delle Bermuda, prima dell'incidente. Pensai che fosse un fuoco di Sant'Elmo, sebbene il fuoco di Sant' Elmo non si presenti così." "Quando ha sentito parlare per la prima volta del Triangolo delle Bermuda? " "Ne sentii qualcosa quando cominciai a raccontare la mia avventura ad altri piloti. Cose del genere sono accadute ad altri piloti, ma non amano parlarne. In ogni caso, non c'è modo di evitare il così detto Triangolo, se si deve andare in qualche posto come Puerto Rico, a meno di volare a nord di Bermuda. Oggi, si sente parlare del Triangolo molto di più, specialmente quando un aeroplano sparisce in modo completamente illogico." Quella che può esser stata un'osservazione oculare, vista dall'aria, di un'eventuale forza distruttiva in atto nel Triangolo delle Bermude fu riferita da Pursuit, una rivista trimestrale pubblicata dalla Society for the Investigation of the Unexplained. L'autore del rapporto, Robert Durand, racconta un incidente osservato dalla navicella di controllo di un Boeing 707, in volo da San Juan a New York, l' 1 aprile del 1963. Quando il fenomeno fu notato, la posizione dell'aeroplano era (così è stato riferito) 190 54' latitudine nord, e 660 47' longitudine ovest, un punto compreso nel Triangolo e sopra la Fossa di Puerto Rico, uno dei canyon più profondi dell'oceano, dove il mare raggiunge una profondità di quasi novemila metri. Lo straordinario avvistamento fu fatto dal secondo pilota (il quale desidera mantenere l'anonimato) alle 1.30 pomeridiane, venti minuti dopo il decollo, quando il jet era a una quota di 9450 metri. D'un tratto il secondo pilota vide, a circa 8000 metri a dritta della rotta che il jet stava seguendo che l'oceano si sollevava in un gran monte rotondo, apparentemente provocato da un'esplosione atomica sottomarina, aveva l'aspetto di un immenso cavolfiore nell'acqua. Immediatamente, egli richiamò l'attenzione del comandante e del motorista di bordo, i quali osservarono il fenomeno nei particolari per circa trenta secondi; poi si slacciarono le cinture di sicurezza e si spinsero più a dritta, per poter vedere meglio. Secondo la loro valutazione, l'immensa e torbida montagna d'acqua raggiungeva un diametro dagli ottocento ai milleseicento metri e un'altezza che era forse la metà della sua larghezza. Comprensibilmente, il comandante non ritornò indietro per osservare il fenomeno più da vicino, e mantenne il suo programma di volo. Mentre l'aeroplano si allontanava dalla zona, si vide che l'enorme montagna d'acqua cominciava a decrescere. In seguito il secondo pilota s'informò presso vari enti, compresi il FBI e la Guardia Costiera, e consultò uno specialista di sismologia, ma non ottenne nessuna notizia che potesse confermare il fenomeno: in quell'area non si era manifestato niente d'insolito, né terremoti, né onde di marea, né immense trombe marine.
IL TRIANGOLO DELLE BERMUDE - GLI INCIDENTI MISTERIOSI
IL NIGHTMARE - Un altro misterioso incidente ebbe luogo in una sera del settembre 1972, tra Featherbed Banks e Matheson Hammock nella baia Biscayne, e toccò ad una imbarcazione a motore diesel con l'infausto nome di Nightmare (incubo). Il Nightmare, con a bordo 3 passeggeri stava ritornando in porto di notte, dopo una gita di pesca nella baia Biscayne. Quando raggiunse l'area dei Featherbed Banks, qualcuno notò che la bussola era sfasata di circa 90° rispetto alle luci del luogo a cui l'imbarcazione era diretta, Coconut Grove. Le luci della barca si indebolirono, poi si estinsero, come se le batterie fossero state sottoposte ad un consumo enorme. Perciò il pilota, tralasciando di leggere la bussola, fece rotta direttamente verso i segni di riferimento ad ovest, spingendo il motore a tutta forza. Ma l'unico cambiamento di posizione fu verso il nord, come dimostravano le luci della costa, scivolando verso sud. Per due ore l'imbarcazione continuò a dirigersi verso la spiaggia, senza riuscire a fare il minimo progresso: se mai sembrava indietreggiare. Durante questo periodo, gli occupanti della barca notarono una grande forma scura nell'aria, che cancellava le stelle, fra la barca e Matheson Hammock, a due o tre chilometri verso ovest. Mentre la osservavano, videro una luce in movimento penetrare nell'area scura, rimanere in equilibrio, poi scomparire. Poco dopo sparì anche la forma scura. Dopo la sparizione, la bussola si normalizzò, il generatore ricaricò le batterie, e l'imbarcazione fu di nuovo in grado di avanzare. Un caso quasi identico era capitato una settimana prima del Natale 1957. Un peschereccio diesel, lungo dieci metri e mezzo, in rotta verso Freeport, nelle Bahama, fu incapace di avanzare per parecchie ore e addirittura spinto indietro di molti chilometri. Il generatore si spense, come le luci e la radio, e la bussola prese a girare. Sebbene il motore continuasse a funzionare, l'imbarcazione non riusciva affatto a procedere. Come nel caso del Nightmare, l'equipaggio osservò che, per quanto il mare fosse calmo e le stelle brillassero, una cera zona del cielo, proprio davanti a quella che doveva essere la loro rotta, mostrava una macchia nera, senza stelle, con il contorno regolare. A un certo punto essi avevano visto tre luci in fila indiana entrare nella macchia scura per poi sparire. Pochi minuti dopo, la chiazza nera si era improvvisamente dissolta, la barca aveva ripreso ad avanzare, le luci e la radio si erano riaccese e la bussola era tornata alla normalità.
IL BEECHCRAFT - Un incidente che capitò ad un Beechcraft bimotore durante un volo da George Town a Great Exuma, nelle Bahama, il 15 novembre 1972, è un interessante esempio della capricciosità delle forze presenti nel Triangolo delle Bermuda, e rappresenta almeno un caso in cui tali forze parvero aiutare l'aeroplano, invece di distruggerlo. Il veicolo partì al crepuscolo da George Town, con 9 persone a bordo, compresi 5 piloti. Il tempo era bello, il mare calmo e la visibilità eccellente. Da sud-est spirava una leggera brezza. Circa dopo dieci minuti, tutti gli impianti azionati elettricamente, la bussola, le radio, le luci, i controlli idraulici, all'improvviso si guastarono, e le batterie si esaurirono completamente. La prima idea del pilota fu quella di atterrare a New Providence, un centinaio di chilometri a nord. Tuttavia, ripensandoci, ricordò che il contatto radio era interrotto, e che non avrebbe potuto avvertire l'aeroporto del suo arrivo; neanche le luci funzionavano per segnalare il suo avvicinamento. Fu quindi deciso di dirigersi sulla più vicina pista di Andros, e presto i piloti riconobbero il piccolo aeroporto vicino alla punta meridionale dell'isola. Per atterrare in simili condizioni, il comandante intraprese un volo planato, dopo una virata a ovest dell'aeroporto, per accertarsi che non vi fossero ostacoli e riuscire ad allinearsi più accuratamente possibile con la pista e con il vento. Siccome l'impianto idraulico non funzionava, le ruote d'atterraggio non potevano abbassarsi. Il pilota avrebbe poi riferito che il veicolo "parve atterrare come sostenuto da un cuscino d'aria". Le estremità delle eliche toccarono terra per prime, provocando una pioggia di scintille; ma invece di fracassarsi, l'aeroplano si posò sul terreno. La fusoliera non subì danni, e perfino le prese d'aria dinamiche rimasero intatte.
IL TRIANGOLO DELLE BERMUDE - IL FILM
IL TRIANGOLO DELLE BERMUDE
Avventura
(Italia/Messico 1978)
Col. 115'
Regia René
Cardona Junior
Sceneggiatura Charles Berlitz,
Stephen Lord
Prodotto da René Cardona Junior
Musica Stelvio Cipriani
Interpreti
Claudine Auger, Andrés Garcia, Gloria Guida,
John Huston, Hugo Stiglitz
È un
archeologo di fama internazionale. Ha ormai una certa età. Ma l'energia
e la passione sono quelle di un ragazzo. Desideroso di scoprire ancora.
Perché questo è lo scopo della sua missione. Ed è anche quello della
sua vita. Protagonista di questa pellicola è il grande John Huston, in versione di attore. Il cineasta americano è scomparso il 28 agosto del 1987 a Newport, all'età di ottantuno anni. Il suo debutto avviene nel 1941 con The Maltese Falcon, mentre la sua ultima regia risale al 1987 con The Dead: Huston dirige in carriera quarantatre pellicole. |
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