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YETI - BIGFOOT
Il Bigfoot (letteralmente "piedone"), conosciuto anche come "Sasquatch", "Momo" ed in molti altri modi e' insieme allo Yeti,l'"uomo-scimmia" piu' famoso. Il Bigfoot e' stato avvistato in tutta l'America del Nord su montagne, paludi, foreste, nonche' su strade piu' o meno deserte e campi coltivati.Mentre il suo comportamento sembra variare nelle testimonianze da docile a curioso a spaventoso, la sua apparenza raramente muta: descritto come un animale massiccio, alto circa duecentotrenta centimetri e pesante duecentoventi chili sarebbe coperto da una folta pelliccia il cui colore varierebbe dal castano scuro al marrone, nero, rosso, grigio e persino bianco. Lascerebbe caratteristiche impronte al suo passaggio, molto piu' larghe di quelle umane e che presentano una distribuzione del peso diversa da quella dell'uomo, essendo distribuita uniformemente su tutta la pianta (come per i piedi piatti). A volte le impronte hanno cinque dita, altre volte tre, come ad indicare la presenza di almeno due varieta' di Bigfoot (anche se la stragrande maggioranza delle impronte presenta cinque dita). Il Bigfoot, al pari dei suoi meno famosi "cugini", camminerebbe in posizione eretta. I suoi occhi sarebbero nella maggior parte dei casi gialli, anche se alcuni testimoni asseriscono di aver visto Bigfoot con gli occhi rossi. Sembra che seppure essi non comunichino per mezzo di un vero e proprio linguaggio emettano spesso e volentieri dei suoni gutturali o anche acuti.Alcuni sostengono che la leggenda moderna del Bigfoot sia nata in America nel 1958, nella Bluff Creek Valley, in California, quando un operaio a nome Jerry Crew scopri' una serie di enormi impronte lasciate nel fango rimosso dal suo escavatore. Queste tracce erano state notate per settimane dagli operai ma per la prima volta essi decisero di farne un calco. In realta' gli avvistamenti di Bigfoot sono molto piu' antichi. Quasi ogni tribu' di pellerossa possiede leggende su creature simili al Bigfoot. A quanto sembra, anche i primi esploratori videro queste creature. Anche per i Bigfoot (come per altri uomini-scimmia) si riportano casi di rapimento, nei quali le vittime (come Albert Osman nel 1924) asseriscono di essere state trattate bene ma di essere state segregate e di aver dovuto escogitare qualche tipo di trucco per riuscire a fuggire (nel caso specifico Osman offri' il suo tabacco al maschio e quando questi inizio' a tossire egli approfitto' del fatto che tutti gli altri membri del nucleo - tre, stando alla sua testimonianza - si erano distratti).Molto famoso e' il filmato che ritrae una femmina di Bigfoot che cammina verso la foresta, ripresa da Roger Patterson durante una spedizione nella zona di Bluff Creek. Patterson affermo' fino alla morte (avvenuta nel 1972) che si trattava di un filmato autentico.
YETI - DEL TIBET
Il nome Yeti viene dal termine "yeh-teh" che in Sherpa "quella cosa". Chiamato anche l'abominevole uomo delle nevi, fa parte delle credenze tibetane da secoli. Si dice che sia grande quanto il Bigfoot americano, cioe' tra i centottanta centimetri ed i duecentoquaranta, con una folta pelliccia di colore marrone scuro, nero o rossastro che ne ricopre quasi completamente il corpo. I capelli sono lunghi fino alle spalle ed il viso, i denti e la bocca sono molto larghi. La forma della sua testa e' conica, e le sua braccia sono molto lunghe, fino alle ginocchia. Le impronte che gli sono state attribuite sono anch'esse enormi (fino a sessanta centimetri) e molto larghe. I nativi affermano che ci sarebbero due tipi di Yeti, i "Dzu-teh" (cosa grossa) ed i "Meh-teh" (cosa umana che non e' un uomo), i primi alti dai duecento ai duecentoquaranta centimetri, i secondi dai centocinquanta ai centottanta centimetri. I Meh-teh vengono avvistati piu' frequentemente dei Dzu-teh. Le prime impronte dello Yeti furono scoperte da un occidentale nel 1889 ed esattamente dal maggiore L.A. Waddell a piu' di cinquemila metri di quota. I suoi Sherpa lo informarono che le strane impronte che erano impresse sulla neve erano dell' "uomo selvaggio ricoperto di peli" che viveva in quell'area. Nel 1921 il Luogotenente Colonnello C.K. Howard-Bury stava conducendo una spedizione sul monte Everest. A circa seimila metri di quota, sul lato Sud della montagna il gruppo individuo' numerose impronte tre volte piu' larghe di quelle umane. Gli Sherpa identificarono le impronte con quelle di un meh-teh. Howard-Bury capi' male e penso' che la parola fosse metoh-kagmi. Un giornalista le tradusse erroneamente in "abominevole uomo delle nevi" e l'espressione rimase in voga. Nel 1925 un fotografo inglese della Royal Geographic Society di nome N.A. Tombazi testimonio' di avere avvistato, vicino al ghiacciaio del Zemu, a quattromilacinquecento metri di quota, e ad una distanza di trecento metri circa una figura che pareva a prima vista essere un uomo. Camminava eretto e si fermava occasionalmente per sradicare delle pianticelle di rododendro nano. Era di colore marrone e non era visibile alcun iindumento. Successivamente sulla zona vennero ritrovate sedici impronte. Durante il novembre del 1951, Eric Shapton e Michael Ward stavano ritornando da una spedizione esplorativa dell'Everest ed erano intenti a studiare la testa del ghiacciaio Menlung a 6900 metri, vicino alla frontiera tra Nepal e Tibet. Scesi a 6250 metri individuarono una serie di impronte fresche nella neve alta. Furono in grado di seguire queste impronte per un miglio circa lungo la cresta del ghiacciaio. Le impronte li condussero verso quote minori, con neve piu' bassa, nella quale le impronte erano maggiormente definite. Shipton scatto' due foto che sono sicuramente le piu' famose.
Nel 1954, una spedizione del London Daily Mail esamino' un presunto scalpo di yeti che si diceva fosse vecchio di trecento anni. Quattro anni dopo, nel 1958, una spedizione durata vari anni e guidata da Tom Slick esamino' lo scalpo e delle supposte mani di Yeti. Una di queste, proveniente da una Lamasseria di Makulu risulto' essere di un leopardo delle nevi ma l'altra non fu screditata e potrebbe quindi essere la prova dell'esistenza dello yeti. La mano fu ottenuta nel 1959 da Peter Byrne che era membro della spedizione di Slick ed e' ora a capo del Centro di Ricerca sul Bigfoot. Byrne fu ammesso nella Lamasseria di Pangboche, in Nepal dove supponeva che si trovasse un'altra mano di Yeti. Byrne aveva portato con se' il pollice e l'indice di una mano umana che sostitui' a quelli della mano (che riusci' ad esaminare da solo). Le parti originali furono trasportate dall'India a Londra e consegnate a John Hill che ad un primo esame dichiaro' che erano umane, salvo poi ricredersi quasi subito e dichiararle "non totalmente umane", forse di un uomo di Neanderthal. Lo zoologo Charles A. Leone esamino' i reperti ma non fu in grado di catalogarli e l'antropologo George Agogino ritenne che non fossero umane ma che presentassero forti caratteristiche antropoidi. L'esame del sangue dimostro' che non erano ne' umane ne' di primati conosciuti. Purtroppo si sono perse le tracce dei reperti e non si conosce il luogo dove si trovano attualmente. Nel 1970, sul Monte Annapurna uno scalatore inglese di nome Don Whillans stava cercando un posto dove accamparsi quando senti' degli strani suoni, simili ad urla. Il suo Sherpa lo informo' che erano il richiamo dello Yeh-Teh e Whillans vide una figura scura in un punto abbastanza distante da dove si trovava lui in quel momento. Il giorno successivo scopri' delle impronte profonde quasi mezzo metro nella neve. Quella notte avverti' la presenza della figura che aveva visto il primo giorno, usci' dalla tenda e vide lo Yeh-teh alla luce della Luna. Era un animale simile ad una scimmia che scappo' immediatamente. Whillans fu in grado di seguirlo con il binocolo per piu' di venti minuti prima che sparisse nel buio. Due anni dopo, nel dicembre del 1972, una spedizione guidata da Edward Cronin aggiunse un altro tassello alla leggenda dello Yeti. La spedizione stava svolgendo delle ricerche in una valle fluviale nel Nepal orientale, dove varie rare piante esotiche ed animali erano si erano evoluti separatamente ed indisturbati. I membri della spedizione stavano campeggiando in una depressione a quota 4000 metri nella zona del Monte Kongmaa La. Howard Emery, il fisico della spedizione scopri' una mattina delle impronte di un essere bipede tra le tende dell'accampamento. Le impronte erano lunghe diciotto ventitre centimetri circa e larghe dodici centimetri. Mostravano un largo alluce opponibile ed una disposizione asimmetrica delle rimanenti quattro dita, nonche' un largo tallone arrotondato. Essi furono in grado di seguire le impronte per un po', finche' queste sparirono una volta arrivati in un territorio roccioso nel quale i membri della spedizione faticarono molto ad avventurarsi.
YETI - GLI ARTICOLI
Lo Yeti è sicuramente l'animale misterioso per
antonomasia. Altrimenti chiamato "abominevole uomo delle nevi", esso
abiterebbe le inospitali regioni himalayane. Le prime notizie sulla sua presunta
esistenza sembrano risalire a oltre quattrocento anni fa. Tuttavia, l'interesse
nei suoi confronti ha cominciato a svilupparsi a partire dal secolo scorso.
Il nome Yeti deriva dal termine Sherpa "yeh-teh" che significa
"quella cosa". Si tratterebbe di un essere di altezza compresa tra
1.80 e 2.40 metri, ricoperto di una folta pelliccia di colore marrone scuro,
nero o rossastro. Avrebbe una lunga capigliatura e braccia lunghe fino alle
ginocchia. Secondo gli abitanti del Tibet esisterebbero due tipi di Yeti: il
Dzu-teh (che significa cosa grossa), più alto, e il Meh-teh, di altezza più
ridotta.
Le uniche "prove" a favore dell'esistenza dello Yeti sono costituite
da impronte, testimonianze di avvistamenti e, in certi casi, reperti anatomici.
Il ritrovamento delle prime impronte risale al 1889, quando il maggiore L. A.
Waddell, avvisato dai suoi Sherpa, osservò delle enormi impronte impresse nella
neve a oltre 5000 metri di quota. Nel 1921, durante una spedizione sull'Everest,
furono individuate altre impronte sul lato meridionale della montagna a circa
6000 metri di quota. Nel 1951, un'altra spedizione individuò numerose impronte
che proseguivano per circa un miglio. Queste impronte vennero accuratamente
fotografate e ampiamente pubblicizzate. Nel 1972, ulteriori impronte furono
individuate da una spedizione guidata da Edward Cronin. Esse mostravano un largo
alluce opponibile e una disposizione asimmetrica delle rimanenti quattro dita.
Nel 1925 il fotografo inglese N. A. Tombazi, della Royal Geographic Society,
affermò di avere avvistato uno strano essere vicino al ghiacciaio del Zemu, a
quattromilacinquecento metri di quota. L'essere aveva sembianze umane, camminava
eretto, era di colore marrone e aveva un folto pelo. Nella zona
dell'avvistamento furono trovate numerose impronte.
Nel 1970, sul Monte Annapurna uno scalatore inglese di nome Don Whillans,
allertato da strani suoni simili a urla, vide una figura scura simile a una
grossa scimmia che scappò immediatamente, ma che Whillans riuscì a osservare
con un binocolo per più di venti minuti prima che scomparisse.
Nel corso degli anni, oltre alle impronte e alle testimonianze, sono emersi
alcuni reperti anatomici che confermerebbero l'esistenza dello Yeti. Nel 1954,
una spedizione del London Daily Mail esaminò un presunto scalpo di yeti
che sarebbe stato vecchio di trecento anni. Nel 1958, un'altra spedizione esaminò
lo stesso scalpo insieme a supposte mani di Yeti. Sull'autenticità di tutti
questi reperti sono stati avanzati seri dubbi e, in almeno un caso, si è
scoperta una palese falsificazione. Una delle presunte mani dello Yeti è,
infatti, risultata essere una zampa di leopardo delle nevi opportunamente
contraffatta.
Silvano Fuso
Silvia Podda
CASSINA (Milano) - Alle ore 5.42 del 19
Dicembre 1997 sotto una bufera incalzante, un nugolo di sei ragazzi sprovvisti
di visto si sono imbattuti in qualcosa di starordinario ed enormemente grosso.
Una scoperta che potrebbe reggere il confronto solo con la pietra filosofale.
Infatti dopo gli innumerevoli falsi avvistamenti sulla catena Himalayana, non
documentati e spesso compiuti da autoctoni o comunque da abitanti del luogo
interessati ad un incremento del turismo, finalmente ci sono state portate le
inconfutabili prove dell'esistenza dello Yeti. Il fatto ancora più
straordinario è il luogo del ritrovamento: un piccolo campo agricolo della
Brianza. Dall'unico particolare visibile nella foto che uno dei ragazzi ha
scattato fortuitamente mentre cercava di toccarsi l'alluce col pollice passando
di dietro, gli scienziati sono riusciti ad elaborare un modello tridimensionale
dell'animale, se così si può definire. A poche ore dal ritrovamento tutto il
territorio entro 200 Kilometri e 256 metri era stato evacuato ma il panico
serpeggiava tra la popolazione soprattutto dopo la notizia della morte di
Caloggero 'o Scassacazzu, fabbro originario di Aosta ma di origini scandinave.
Il suo cadavere è stato ritrovato in un lago di sangue con una pistola per
mancini accanto alla mano sinistra e il cranio squarciato da una pallottola, le
vene del polso destro erano state tranciate di netto come da un rasoio Sensor
Excel ed accanto al braccio destro era stato ritrovato un rasoio modello Sensor
Excel, i polmoni erano pieni d'acqua e l'epidermide mostrava un colorito
violaceo quasi come se fosse affogato o se avesse fumato una sigaretta di
troppo, una corda legata attorno al collo pendente dal soffitto, dettaglio che
ha alquanto stupito il magistrato Cazza Neega dato che il cadavere era stato
ritrovato in mezzo ad un campo, delineava il grande ingegno del fabbro morto nel
compimento del suo lavoro. Tutti questi evidenti dettagli hanno facilmente
indirizzato gli inquirenti a sospettare una violenta colluttazione con il
mostro. Ma quali sono le conclusioni a cui sono giunti gli studiosi analizzando
la foto e i miseri resti in loro possesso? Ebbene, l'entità fotografata,
rappresentante solo il centro nevralgico (capisci) della bestia misurava la
bellezza di due metri e trenta centimetri (come una persona e mezza, o due
persone se una è Sala) ed un peso complessivo di 213 Kilogrammi (come quattro
persone con una gamba alzata che dicono in coro "Miserere"). La
polizia ha avvertito la popolazione del pericolo distribuendo l'identikit
raffigurante lo yeti sfallato: cicatrice sulla guancia sinistra, pelle nera,
sguardo bieco, benda sull'occhio e monosopracciglio lungo venti centimetri; chi
lo conosce lo evita, ma non lo conosce nessuno, per questo continua a mietere
vittime per ritrovare la sua metà mancante (come Peter Pan che cercava la sua
ombra). La sua furia è cresciuta dal giorno dello smembramento ed ora è più
pericoloso che mai.
Liceo B. Giordano
YETI - MESSNER
Reinhold Messner "Yeti, leggenda e verità" "Feltrinelli Traveller" La quarta di copertina: Ringraziamenti Reinhold Messner è uno dei più famosi
alpinisti ed esploratori dei nostri giorni, è nato a Villnöss in Alto
Adige nel 1944. E' stato il primo a scalate 14 ottomila, conquistando
inoltre la vetta dell'Everest senza bombole di ossigeno. Ha attraversato a
piedi la Groenlandia, l'Antartide, il Tibet occidentale. E' anche autore
di numerosi libri, alcuni dei quali diventati best seller, tra cui
ricordiamo: Everest (1983), Sopravvissuto: I miei 14 ottomila (1987),
Antartide. Inferno e paradiso (1991), La libertà di andare dove voglio.
La mia vita di alpinista (1992), Un modo di vivere in un mondo da vivere
(1994) e, insieme ad Alessandro Gogna, K2 (1980). Dal libro: Come sono arrivato allo yeti |
YETI - IL FILM
Amy e lo Yeti
To catch a Yeti (1993)
Regia: | Bob Keen |
Durata: | 84' |
Cast: | Meat
Loaf Chantallese Kent Jim Gordon Leigh Lewis Rick Howland |
Commento | Un enorme essere viene trovato nell'Artico, ancora congelato nel ghiaccio. Un industriale, Morgan Hunnicut, ne decide il recupero e il ritorno in vita, con l'aiuto dell'amico scienziato. L'arrivo in città concorre a far pubblicità alle sue aziende, ma la creatura sfugge al suo controllo e i concorrenti di Hunnicut stanno tramando in suo sfavore, diffondendo malelingue sullo Yeti. Alla fine l'essere si fa giustizia da solo e far ritorno nel suo mondo incontaminato, in mezzo alle montagne dell'Himalaya. Il film non è granché, tanto riprende dal fratello maggiore (la mano gigantesca e pelosa che prende la ragazza, i flash dei fotografi che fanno impazzire la creatura) e la malriuscita degli effetti speciali (certe volte lo Yeti sembra un fantasma, da quanto poco coprenti sono le sovrapposizioni) non lo aiutano di certo. Il volto dello Yeti appartiene a Mimmo Crao, all'epoca noto per la pubblicità di un olio d'oliva. |
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